Web tax: approvata dal Senato l’imposta sui servizi digitali

Web tax: approvata dal Senato l'imposta sui servizi digitali

Il maxiemendamento approvato dal Senato contiene anche la cosiddetta web tax, che prevede un’aliquota del 3% sui ricavi delle società e dei colossi digitali che riportano ricavi per oltre 5,5 milioni di euro nel nostro Paese. La proposta attuale ricalca sostanzialmente quella che era stata presentata nel marzo scorso in Commissione europea e discussa all’Ecofin da parte dei ministri dell’economia dell’eurogruppo, che avevano stabilito di tassare i proventi delle attività e della pubblicità di società come Google, Amazon, Facebook e altri colossi del web.

Come funziona l’imposta sui servizi digitali forniti dai colossi di internet

In Italia, il tema è in discussione da tempo, e già il precedente governo Gentiloni aveva inserito nella legge di bilancio 2018 un’imposta sulle transazioni finanziarie che fissava un’aliquota al 6% mai entrata in vigore per mancanza dei decreti attuativi.

Nel maxiemendamento approvato da Palazzo Madama è invece stabilita una web tax del 3% sui ricavi di società digitali con fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro e con introiti generati in Italia superiori a 5,5 milioni di euro.

Si tassano quindi i ricavi sulla base dei servizi erogati, come per esempio la collocazione di spazi pubblicitari su piattaforma digitale o dispositivi, siti che operano nella condivisione di beni e servizi su piattaforme web e vendita di big data. Google e gli altri dovranno poi versare l’imposta su base trimestrale, e ogni anno, società residenti e non, saranno chiamate a inviare una dichiarazione che riporta l’ammontare dei servizi tassabili.

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