Riforma della giustizia: ecco le idee della ministra Cartabia

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Marta Cartabia ha rinunciato agevolmente alla riunione della cosiddetta «cabina di regia» sulla riforma della giustizia convocata per ieri, preferendo affrontare un solo passaggio a rischio, il Consiglio dei ministri previsto per oggi, per arrivarci con una soluzione più affinata possibile. Come spiega il sito del Corriere della Sera, si tratta di uno dei passaggi più complicati nel cammino del Governo, affrontando la materia più scivolosa per la maggioranza che sostiene Draghi, tanto larga quanto divisa sulle modifiche al processo penale necessarie per ottenere il via libera dell’Europa al finanziamento del Piano di ripresa e resilienza.

In effetti la Guardasigilli poteva presentare direttamente gli emendamenti al testo già in discussione alla Camera senza l’avallo formale dell’esecutivo, tuttavia Cartabia e Draghi hanno deciso di inserire questa tappa intermedia per impegnare il Governo nel suo insieme, e dunque i partiti che lo appoggiano. In tal modo sperano di evitare problemi parlamentari che metterebbero in forse la tenuta della maggioranza e — di conseguenza — i miliardi del Recovery plan.

Il principale nodo da sciogliere rimane quello della prescrizione cancellata dopo la sentenza di primo grado. Non tanto per il peso effettivo che quella norma chiamata «riforma Bonafede», introdotta al tempo del governo Conte 1, ha attualmente sul sistema giustizia, quanto perché è diventata un presupposto per il Movimento 5 Stelle, che non ha intenzione di abbandonare. Cosa che invece intendono fare tutti gli altri partiti della coalizione.

Prescrizione e improcedibilità!

I tecnici del ministero della Giustizia hanno cercato di limare gli ultimi dettagli della proposta di emendamento che Cartabia porterà nella riunione di oggi e che prevederà lo stop alla prescrizione dopo il verdetto di primo grado per tutti gli imputati, senza distinzione tra assolti e condannati; ma se nei gradi successivi verrà superato il tempo limite di due anni per l’appello e un anno per la Cassazione (con eventuale proroga rispettivamente di un anno e di sei mesi per i reati più gravi e per procedimenti particolarmente complessi), allora verrà dichiarata l’improcedibilità. Che è cosa diversa dalla prescrizione che estingue il reato; qui il reato resta ma si blocca il processo, sia pure in maniera definitiva.

Tale soluzione, illustrata da Cartabia a tutti i rappresentanti dei partiti incontrati fino all’altro giorno, permetterà ai Cinque Stelle di rivendicare la permanenza del principio dello stop definitivo dopo la prima sentenza che accerta fatti e responsabilità, mentre tutti gli altri potranno dire di aver debellato il virus del processo potenzialmente infinito introdotto proprio con la riforma Bonafede.

Inoltre la mediazione ministeriale sulla riforma complessiva comprende altri due punti che recepiscono almeno in parte critiche e allarmi arrivati da quella stessa parte politica, e potrebbero ammorbidire le resistenze dei Cinque Stelle: lasciata cadere l’ipotesi dell’inappellabilità delle sentenze di primo grado da parte dei pubblici ministeri, viene meno l’indicazione parlamentare dei «criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione dei processi». Su questo secondo punto, la riforma dovrebbe codificare attraverso una legge quanto già avviene con le circolari stilate nelle Procure, dove le priorità rispetto alla mole dei procedimenti da trattare vengono definite dagli stessi titolari dell’azione penale secondo indicazioni che devono essere approvate dal Consiglio superiore della magistratura.

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