Privacy: maxi-furto di dati iPhone da parte di Google

Privacy: maxi-furto di dati iPhone da parte di Google

Che Google sia colpevole di furto di dati personali di 4 milioni di utenti iPhone è possibile. Ma non è detto che ciò costituisca necessariamente un danno. Ruota intorno a quest’affermazione l’esito della causa intentata contro Google da un’organizzazione di consumatori. Ma che l’Alta Corte di Londra ha bloccato in quanto i fatti dichiarati “non sono sufficienti a dimostrare che ci sia stato un danno”. Le azioni di Google, ha detto il giudice, si configurano verosimilmente come “ingiuste” e in violazione di norme. Ma non è detto che tutto ciò che accade senza il nostro consenso preventivo provochi necessariamente danni. Alcuni utenti sono propensi a cedere informazioni personali in cambio di offerte personalizzate”.

Google accusata di maxi-furto, ma il giudice rigetta la causa.

Finisce così nel nulla, per il momento, la denuncia sporta dall’associazione “Google You Owe Us” (Google, ci devi qualcosa) che aveva richiesto un risarcimento per oltre 4 milioni di utenti sperando di guidare la prima azione del genere nel Paese.

In particolare l’associazione ha accusato Google di aver eluso il sistema di sicurezza dell’iPhone e raccolto dati personali tra agosto 2011 e febbraio 2012, bypassando le impostazioni privacy sul browser Safari tra giugno 2011 e febbraio 2012.

“Non c’è dubbio che il presunto ruolo di Google nella raccolta, compilazione e utilizzo dei dati ottenuti tramite Safari fosse illegale “, ha dichiarato il giudice Mark Warby. Tuttavia, ha aggiunto, non ci sono dati sufficienti a supportare l’affermazione secondo cui i consumatori che hanno avviato il giudizio abbiano subito un danno.

Per i consumatori questo giudizio è molto deludente e toglie a milioni di persone la possibilità di avere un risarcimento quando i loro dati personali vengono utilizzati in modo improprio. Da parte sua, Google ha sostenuto che questo tipo di azione collettiva non presentava elementi congrui e, per questo, avrebbe dovuto essere fermata.
Gli avvocati della società californiana, in particolare, avevano sottolineato che non era possibile identificare le possibili vittime e che la richiesta non aveva alcuna possibilità di successo.
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