Giustizia, l’Anm minaccia lo sciopero contro la riforma Cartabia

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C’è stata una dura presa di posizione della sezione distrettuale dell’Anm di Palermo verso la riforma Cartabia, che “è mortificante – come si dice in un comunicato – e contraria ai principi della Costituzione, tesa a minare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura“. E, come riporta il sito Palermo Today, si dicono pronti addirittura all’atto di protesta estrema, e alquanto raro per la categoria, ovvero lo sciopero. Perché non ci stanno i magistrati a passare “nella miglior delle ipotesi per fannulloni” e ad essere trasformati in “burocrati” da norme che, dal loro punto di vista, non risolvono affatto i problemi della giustizia, in particolare della sua lentezza.

“Chinnici, Falcone e Borsellino con queste norme sarebbero stati bocciati”!

“Con questa riforma – si legge nella nota – come sarebbero stati valutati i magistrati Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino quando, prima della coraggiosa inversione di tendenza e presa di coscienza del Maxiprocesso, vedevano sistematicamente assolti i loro indagati per reati mafiosi? La ‘mancata tenuta dei loro provvedimenti’ avrebbe inciso negativamente sul loro percorso professionale e soprattutto sulla società”, sostiene l’Anm.

Oltre a ciò, dicono i magistrati, “un confronto con il legislatore sul progetto di riforma” della giustizia è stato tentato, ma “ogni critica è rimasta inascoltata e, anzi, sono state introdotte modifiche sulle quali nessuna interlocuzione con l’Anm è stata nemmeno cercata. Il Parlamento – scrivono i magistrati – si appresta ad approvare una legge di riforma che non è diretta a migliorare l’efficienza della giustizia o a renderla meno lenta: piuttosto, è tesa a minare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura che, non a caso, sono principi scolpiti nella nostra Costituzione, in quanto baluardi di democrazia. Una legge di riforma che, dichiarandosi diretta a garantire un maggior efficientismo, in realtà mira a radicare il convincimento che tutte le inefficienze siano causate dai magistrati, fannulloni nelle migliori ipotesi, e dunque da limitare e controllare“.

E ancora: “La riforma, contrariamente a quanto a gran voce affermato nei comunicati, non offre e non appronta alcuno strumento veramente idoneo a migliorare il servizio e a incidere realmente sulla domanda di giustizia (e certamente non è tale la previsione del Pnrr, recentemente approvato, che mira allo smaltimento delle pendenze solo con l’ausilio di personale assunto a termine e ancora da formare). In verità, questa legge di riforma: introduce un sistema gerarchizzato, palesemente contrario al dettato costituzionale; sancisce definitivamente la sostanziale separazione delle carriere tra giudici e pm (dato peraltro ormai acquisito in considerazione delle regole già esistenti che rendono estremamente complesso passare dall’una all’altra funzione), senza tenere conto che l’osmosi tra le funzioni da sempre rappresenta un accrescimento culturale per il magistrato e, quindi, in ultima sintesi, una garanzia per i cittadini, utenti della giustizia; crea il fascicolo personale delle performance, basato sulla verifica della tenuta dei provvedimenti nei gradi successivi di giudizio“.

Giurisprudenza imbrigliata!

Una “novità”, quest’ultima che sarebbe stata “introdotta per mero scopo propagandistico (i magistrati sono già valutati ogni quattro anni sulla base dell’attività svolta) – dice sempre l’Anm – che non tiene conto della fisiologia del processo e rende palese il fine ultimo e vero della riforma: da un lato, imbrigliare la giurisprudenza, senza considerare che l’interpretazione giurisprudenziale è ciò che rende il diritto adeguato ai mutamenti sociali, economici e giuridici del nostro Paese e, da sempre, ha anticipato riforme legislative anche epocali; dall’altro, tenere il magistrato sotto scacco perenne, renderlo sempre più burocrate, attento al rapido smaltimento dei fascicoli in modo ossequioso o alle direttive del capo dell’ufficio o dell’ultima sentenza della Cassazione”.

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