Pensioni, uscita dal lavoro a 64 anni? Le ultime novità

Pensioni, le novità su alcune ipotesi di riforma

La prossima riforma delle pensioni consentirà di lasciare agevolmente il lavoro molto prima dei sessantasette anni: questa è una certezza. Ma se il punto fermo dei Sindacati è sempre lo stesso dal 1º gennaio 2023, ovvero pensioni già a partire dai sessantadue anni per tutti o con quarantun anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica, il Governo dal canto suo va in contropiede e sembra intenzionato a mettere sul tavolo una nuova proposta forte, che le parti sociali vaglieranno con molta attenzione.

Come spiega il sito Today.it, la nuova proposta del Governo è andare in pensione prima dei sessantasette anni previsti dalla Fornero, ma ricalcolando l’assegno col metodo contributivo perché la flessibilità in uscita sia sostenibile. L’esecutivo ha già parlato di questa opzione ai Sindacati nell’ultimo dei confronti tecnici in vista del tavolo politico conclusivo con i ministri Franco e Orlando. Ma Cgil, Cisl e Uil non potrebbero mai dire di sì se ciò comportasse un taglio del 30%, come accade esempio con Opzione Donna.

Si imbocca una via percorribile!

Il punto di mediazione potrebbe essere il seguente: via dal lavoro da sessantaquattro anni con almeno venti di contributi e una penalizzazione del 3% al massimo per ogni anno di anticipo. A patto che la pensione spettante non sia troppo bassa, ma superiore all’assegno sociale di un certo numero di volte. La formula di quel tipo è già realtà per i contributivi puri, quelli che lavorano dal 1996, con un multiplo di 2,8 volte: si esce a sessantaquattro anni solo con pensioni di almeno 1.311 euro. Limite eccessivo, per i Sindacati. Il governo potrebbe abbassarlo, come riporta Repubblica, “se decidesse di estendere questa formula a chi è nel sistema misto (retributivo e contributivo). Si comincia a trattare”. E per la prima volta c’è la sensazione che si sia imboccata una via percorribile.

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