Fisco: fermata la sanatoria per gli avvisi bonari alle Partite Iva

Fisco: fermata la sanatoria per gli avvisi bonari alle Partite Iva

La sanatoria degli avvisi bonari per le partite Iva è al momento irrealizzabile. Le lettere dell’agenzia delle Entrate che imprese e professionisti stanno ricevendo per aderire alla definizione agevolata senza sanzioni e importi aggiuntivi, prevista dal primo decreto Sostegni della scorsa primavera, rischiano di essere in effetti inutilizzabili senza l’autocertificazione degli aiuti di Stato già ottenuti contro il Covid.

Come spiega il sito del Sole 24 Ore, la questione sta tutta in un passaggio nell’allegato 1 della lettera, detto  «Proposta di definizione agevolata»: «Dai dati indicati nelle dichiarazioni presentate, risulta che Lei possiede i requisiti per accedere alla definizione. Tuttavia, l’effettiva fruizione del beneficio è subordinata al rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C (2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19”».

Un doppio conteggio!

In altri termini l’Agenzia sulla base del confronto tra le dichiarazioni Iva individua quali sono i contribuenti che, a seguito dei controlli automatizzati sulle dichiarazioni, sono in debito verso il Fisco e possono rientrare nella sanatoria perché hanno subito una riduzione maggiore del 30% del volume d’affari dell’anno 2020 rispetto al volume d’affari dell’anno precedente. Quindi la lettera propone un doppio conteggio: l’importo integrale dovuto a seguito del controllo sulle liquidazioni delle dichiarazioni dei redditi e Iva relative agli anni d’imposta 2017 e 2018 oppure l’importo scontato di sanzioni e somme aggiuntive in base alla sanatoria. Il tutto con un doppio modello F24 a seconda che si opti per l’una o per l’altra strada.

Un ostacolo insormontabile!

È verosimile che, soprattutto in una fase di problematica uscita dalla crisi pandemica, la scelta ricada sulla somma scontata. Su questo tuttavia c’è un ostacolo insormontabile. La definizione agevolata si perfeziona con il pagamento dell’importo ridotto entro trenta giorni dal ricevimento della presente proposta (o versando la prima rata in caso di pagamento scaglionato sempre nel termine di 30 giorni). Però non basta, perché il contribuente deve attestare di non aver superato il tetto dei massimali degli aiuti Covid previsto in sede comunitaria: 1,8 milioni di euro per la sezione 3.1 del Quadro temporaneo (per le imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura il limite è 270.000 euro e per le imprese del settore della produzione primaria di prodotti agricoli è 225.000 euro); 10 milioni di euro per la sezione 3.12 relativa ai contributi per i costi fissi.

Un’attestazione standard!

Un’attestazione standard, utilizzabile anche per altre tipologie di misure anti-Covid, che però non ha ancora visto la luce. La contemplava sempre il primo decreto Sostegni, che demandava il “compito” di definirne i contenuti a un decreto del ministero dell’Economia per il quale tuttavia non era prevista una tempistica di adozione. Un decreto che allo stesso tempo richiedeva un’interlocuzione preventiva per i profili coinvolti con la Commissione Ue, al che è verosimile che nel tragitto tra Roma e Bruxelles sia nato qualche intoppo o forse si sia creato un ritardo.

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