Scuola e diritto: l’educazione civica torna tra i banchi

Scuola e diritto: l’educazione civica torna tra i banchi

Con il voto del Senato di due giorni fa (193 voti favorevoli, 38 astenuti e nessun voto contrario), è stato approvato in via definitiva il disegno di legge n. 1264, che include importanti norme di riforma dell’insegnamento scolastico. Tra esse, quella che ha destato maggiormente l’attenzione dei commentatori riguarda l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica – o meglio di quella che ormai si chiama “Cittadinanza e Costituzione” – all’interno del curriculum didattico delle scuole di ogni ordine e grado. Sono infatti previste 33 ore di insegnamento, vale a dire un’ora alla settimana; a incaricarsene uno o più docenti del consiglio di classe (se presente, l’insegnante di materie economico-giuridiche, più spesso quello di discipline storiche), i quali formuleranno una proposta di voto che farà media con quella delle altre discipline.

La conclusione di un lungo iter giuridico.

L’insegnamento dei principi della Costituzione fu introdotto per la prima volta nella scuola italiana nel 1958, per volere dell’allora Ministro della Pubblica istruzione Aldo Moro; dall’anno scolastico 1990/91, tuttavia, esso fu sostanzialmente eliminato dai curriculum, integrandosi all’insegnamento della storia. I tempi attuali sembrano rendere necessario sensibilizzare di nuovo le giovani coscienze a una serie di argomenti tanto numerosi quanto importanti: dai principi dell’Unione europea al diritto del lavoro, dalla normativa sulla cittadinanza digitale allo sviluppo sostenibile, dalla tutela del patrimonio ambientale (con particolare attenzione al rispetto per gli animali) all’educazione stradale, dallo studio degli statuti regionali alle attività di volontariato, la nuova educazione civica si pone degli obiettivi a dir poco ambiziosi, del resto già perseguiti in altre forme all’interno delle mura scolastiche, sebbene attraverso interventi più episodici e meno strutturati.

Il problema della formazione e dei finanziamenti pubblici.

Pur non mettendo in dubbio la validità del progetto, gli operatori della scuola, e prima di tutti i dirigenti, manifestano alcune perplessità sulla sua realizzazione pratica: se dal Ministero si garantisce una adeguata formazione dei docenti preposti all’insegnamento della disciplina, non è prevista nessuna assunzione di nuovo personale né tantomeno si mettono a disposizione nuove risorse economiche per finanziare le attività.

Manca soprattutto una ridefinizione del monte orario complessivo dell’offerta formativa, per cui il nuovo insegnamento “ruberà” inevitabilmente una buona porzione del tempo attualmente destinato all’insegnamento delle altre discipline. Aspetti critici che non mancheranno di alimentare polemiche e ritardi nell’attuazione all’avvio del nuovo anno scolastico.

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