Scuola: da Palazzo Chigi il no definitivo all’assunzione regionale dei docenti

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Durante la riunione tenutasi ieri a Palazzo Chigi alla presenza del Presidente del Consiglio Conte, è stato confermato il parere negativo, già espresso lo scorso 12 luglio, a proposito della richiesta avanzata dalle regioni Lombardia e Veneto (e appoggiata dalla componente leghista del governo) in merito alla cosiddetta “autonomia differenziata”, che prevedeva l’assunzione su base regionale del personale docente e la possibilità di integrare lo stipendio degli insegnanti con finanziamenti provenienti dalle risorse regionali. Sull’archiviazione del provvedimento è stato decisivo il parere contrario del M5S, a nome del suo sottosegretario Salvatore Giuliano, per il quale qualsiasi tentativo di sottrarre l’istruzione alla competenza nazionale rileva un profilo di incostituzionalità, già evidenziato nel 2013 da una sentenza della Corte Costituzionale.

Nessuna modifica al contratto collettivo nazionale e alla programmazione.

Per Giuliano, è necessario garantire «pari opportunità a tutti i cittadini e a tutti gli operatori della scuola». Per questo è fondamentale anche che il curricolo rimanga di competenza nazionale, sempre nel rispetto dei vincoli dell’autonomia scolastica. Alle regioni rimane qualche margine di intervento a latere del monte ore fissato dall’attuale ordinamento, ad esempio per rafforzare l’alternanza scuola-lavoro (ora denominata PCTO, «Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento»), dopo la riduzione di fondi subita a seguito dell’ultima manovra finanziaria.

Autonomia regionale sulla mobilità del personale.

Il capitolo sull’istruzione è al centro dell’intesa in corso di definizione tra Stato e regioni, poiché coinvolge più dell’80% della spesa totale trasferibile alle competenze regionali: la sua scomparsa, se da un lato semplifica e accelera di molto i lavori della commissione, dall’altro rischia di compromettere l’esito del vertice. I governatori di Veneto e Lombardia hanno già espresso il proprio rammarico e minacciano di non firmare. A poco vale l’apertura del premier Conte su mobilità e assunzioni: le regioni, d’intesa col Ministero, potranno portare fino a sette (contro i cinque attualmente previsti) gli anni di permanenza obbligatoria dei docenti nella sede di prima nomina; i concorsi di assunzione, banditi dal Ministero, si svolgeranno su base regionale.

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