Riforma pensioni: sistema contributivo e flessibilità in uscita

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Uno degli obiettivi di riforma del sistema previdenziale è, in maniera trasversale, quello di consentire la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro. L’economista Maurizio Benetti nella pubblicazione “Il Barometro CISL del benessere/disagio delle famiglie” ha svolto un’analisi sul sistema pensionistico e le possibilità di introdurre le pensioni flessibili per tutti i lavoratori. Benetti ha osservato: “Il nostro sistema pensionistico prevede una limitata flessibilità di uscita legata ad un numero elevato di anni di contribuzione o, cosa analoga, nel contributivo a un elevato importo di pensione raggiungibile solo con un numero elevato di anni di contribuzione”.

Questo impedisce a chi non raggiunge i limiti richiesti di godere di un accesso flessibile alla pensione. Con la riforma del 1995 questa flessibilità, condizionata solo a un numero minimo di anni di contribuzione, era stata introdotta con la possibilità di andare in pensione  tra i 57 e i 65 anni, ma è stata poi eliminata dalla riforma Maroni del 2004 e, nonostante le richieste, mai ripristinata”, ha precisato l’economista.

Gli ostacoli alla flessibilità in uscita generalizzata 

Secondo Benetti vi sono degli ostacoli ad impedire l’introduzione delle pensioni flessibili per tutti i lavoratori: “Uno generale che concerne la distribuzione della spesa nel tempo. Nel sistema contributivo considerando la speranza di vita e l’importo del rateo di pensione legato a questa, l’ammontare di spesa complessivo nel periodo di vita del  pensionato non cambia a prescindere dall’età di pensionamento.

Molti ratei di importo inferiore con un  pensionamento anticipato, meno ratei ma di importo superiore con un pensionamento ritardato. Cambia invece la distribuzione della spesa dello Stato nel tempo. La flessibilità comporta un anticipo di spesa rispetto ad un sistema non flessibile. Per un paese come il nostro con problemi di finanza pubblica, la reintroduzione della flessibilità comporta un anticipo di spesa. Problema quindi da affrontare con l’Unione Europea”.

Flessibilità in uscita nel sistema contributivo o misto

Reintrodurre la flessibilità in uscita per chi va in pensione con il sistema interamente contributivo, per Benetti, “dovrebbe porre meno problemi dato che gli effetti redistributivi sarebbero in gran parte rimandati nel tempo al momento cioè in cui i lavoratori con il calcolo della pensione interamente contributivo inizieranno a maturare il diritto a pensione.

Esiste un problema, invece per il sistema misto. “Mentre nel sistema contributivo l’ammontare complessivo della spesa a regime è lo stesso a prescindere dall’età di pensionamento, in quello misto non è così, dato che solo la parte contributiva risente della diminuzione dovuta al minore valore dei coefficienti di trasformazione”, ha osservato l’economista. “. L’anticipo di spesa non trova quindi nel tempo compensazione nella riduzione del rateo di pensione. Si pone quindi il problema di come trattare nel caso di un ripristino della flessibilità anche per chi sta nel misto la parte retributiva della pensione”.

“E’ questo un problema comunque destinato ad esaurirsi nel tempo per la progressiva diminuzione dei lavoratori
che si trovano nel sistema misto e, in particolare, di chi aveva almeno 18 anni di contribuzione nel 1995 e che oggi ha solo sette anni di contributivo”, ha precisato Benetti.

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