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Home Previdenza

Riforma pensioni: si punta a superare la Fornero o il regime misto?

Il punto di Luigi Metassi, amministratore del "Comitato Difesa e Tutela Pensioni", sui temi del dibattito previdenziale in corso: flessibilità in uscita e contributivo pieno.

Autore: Antonella Viviano
21 Febbraio 2020
- Categoria: News, Previdenza
Approvato il bilancio preventivo 2018 dell’Inps

Il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in una recente intervista a Sky Tg 24 ha dichiarato di essere “favorevole al sistema di massima flessibilità con il contributivo puro“.  Queste dichiarazioni per Luigi Metassi, amministratore del “Comitato Difesa e Tutela Pensioni” ed ideatore del blog “Il Volo della Fenice”, hanno un significato molto profondo, da non sottovalutare.

“Il palpabile clima di nevrotiche aspettative, che inevitabilmente i primi confronti istituzionali in materia di riforme previdenziali hanno procurato, sembra lentamente stemperarsi. La sterile diatriba sui requisiti non cesserà mai di alimentare le bacheche dei forum ma qua e là, seppure lentamente, iniziano ad emergere considerazioni di più ampio respiro, meno esposte alle lusinghe e più attente al significato delle parole e alle oggettive conseguenze che da esse potrebbero discendere. Per chi ancora riesce a distogliere la mente, anche per un solo attimo, dal proprio ombelico, gli stimoli apprensivi non possono infatti mancare”, ha dichiarato Metassi a diritto.news.

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Flessibilità in uscita e contributivo pieno

“Le ultime considerazioni del Ministro Gualtieri (e non è l’unico ad esprimersi in tal senso) d’altra parte parlano chiaro: i massimi organismi finanziari dello Stato pensano a compensare i maggiori oneri di una uscita anticipata con il passaggio al contributivo pieno mentre, da altre parti, si propongono penalizzazioni che, fermo restante il metodo di calcolo, non potrebbero che aggiungersi alla fisiologica riduzione del liquidato, insita nel metodo di calcolo stesso.

Questo comporterebbe una non indifferente riduzione dei trattamenti per chi oggi è nel regime misto (le lavoratrici che hanno aderito a Opzione Donna ne sono una chiara testimonianza). Non tanto meglio andrebbe anche per coloro che si trovano già a regime contributivo pieno ai quali, solo un’anagrafica almeno prossima ai 67 anni e un monte contributivo superiore ai 40 anni potrebbero garantire un trattamento pensionistico assimilabile agli attuali.

Per altro verso, i perduranti processi di riduzione del personale nelle aziende, frutto allo stesso tempo della evoluzione dei processi produttivi e della involuzione del sistema economico, lasciano ben poche speranze alla possibilità di conservare un posto di lavoro fino all’età di vecchiaia. Ne consegue che, stanti gli attuali indirizzi politici, le uscite anticipate potranno forse costituire una opportunità a fronte di redditi elevati ma ben difficilmente lo potranno essere per i redditi medio – bassi o per le contribuzioni discontinue che potrebbero facilmente andare piuttosto incontro ad assillanti pressioni affinché abbandonino il lavoro anzitempo”.

L’utilità della previdenza complementare

“Poco vale, a mio dire, parlare di terzo pilastro come di una possibile panacea a tali indirizzi, palesemente antitetici ad un concetto di welfare coerente ai canoni costituzionali. Anche in questo caso, si aprirà un solco tra redditi alti e bassi, tra chi possiede redditi sufficienti a sostenere ulteriori accantonamenti e chi già fatica a sbarcare il lunario (e non sono pochi). Per riunire il tutto in un concetto: si enfatizza la possibilità di scelta corteggiando i sentimenti di pancia dei cittadini mentre si prosegue, affrettandone i tempi, nel processo di privatizzazione delle tutele previdenziali”.

Che questa sia la strada scelta da tempo, non lo dicono le attuali esternazioni che giungono da più parti, le quali semmai suonano ad ennesima conferma. Se già non era evidente prima, a cominciare dai continui blocchi perequativi che hanno portato ad una lenta ma inesorabile perdita di potere di acquisto, se già non erano chiari gli indirizzi a partire fin dalle riforme Amato e Dini, l’evidenza scaturisce dalla genesi stessa del governo Monti prima ancora che dai suoi esiti che ne rappresentano la logica conseguenza, a cominciare dal fenomeno degli esodati.

La questione degli esodati ante Fornero

“Si, perchè gli esodati possono essere considerati tutto, tranne che un errore. Nell’immaginario di chi osserva, gli esodati rappresentano il paradigma della perdita di ogni diritto, a cominciare da quello più solido e inattaccabile, tanto da mettere in forse ogni altro diritto: da quello di avere una casa, una famiglia, la salute, per finire al coltivare hobby e relazioni sociali. Colpirne uno per educarne cento? Non lo so ma è certo che quanto è capitato agli esodati ha contribuito ad acuire timori ed incertezze in tutti quanti e le risultanze le possiamo cogliere in questa endemica, parossistica corsa al pensionamento che induce a trascurare la ragione, a sottostimare parole e fatti, non di rado a prevaricare il prossimo pur di ottenere a prescindere dall’offerta. Da un punto di vista allegorico, il quadro sociale non mi appare molto dissimile da una trasposizione della tragedia del Titanic ma, questa volta, se si andrà a fondo, la colpa la si dovrà attribuire unicamente ad una incredibile cecità collettiva”.

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Antonella Viviano

Antonella Viviano

Ha integrato gli studi universitari in matematica con competenze di carattere informatico. Coltiva da sempre la passione per la scrittura e per lettura con preferenze per la narrativa classica, la storia ed i libri gialli. Appassionata di arte, cucina, bricolage ed acquariologia.
Mail: [email protected]

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