Riforma pensioni, penalizzazioni per chi uscirà con quota 100 e svolgerà altre attività!

Riforma pensioni, penalizzazioni per chi uscirà con quota 100 e svolgerà altre attività

La nuova misura previdenziale, la cosidetta Quota 100, che mira al superamento della Fornero potrebbe contenere una penalizzazione economica per chi andrà in pensione in anticipo è vorrà continuare a lavorare con altri contratti.

Riforma delle pensioni, tutte le novità su quota 100.

La quota 100 – intesa come somma di età e contributi – dovrebbe permettere l’uscita anticipata (rispetto ai requisiti attuali) di circa 400mila lavoratori il prossimo anno. Il limite per accedere a Quota 100 è stato fissato a 38 anni di contributi e 62 anni di età. Si potrà lasciare anche combinazioni più elevate (39 e 62, 40 e 62, 38 e 63, 38 e 64 e così via), ma mai con combinazioni che vadano sotto i due limiti minimi.

L’operazione dovrebbe costare 7-8 miliardi e per renderla meno onerosa si ipotizzano sia l’esclusione dei contributi figurativi dal computo sia qualche forma di penalità in rapporto agli anni anticipati: per esempio 1,5 per cento in meno per ogni anno.

Secondo quanto trapelato, sarebbe emersa anche l’ipotesi di prevedere una decurtazione della pensione o della retribuzione nel caso in cui il pensionato in anticipo continui a lavorare come dipendente o come autonomo. Ciò per favorire la staffetta generazionale, con l’obiettivo dell’ingresso di due giovani neoassunti a fronte di un neopensionato.

Secondo quanto si legge su quotidiano.net ci potrebbe essere anche lo stop all’aumento dell’adeguamento della speranza di vita di cinque mesi di contributi nel 2019 per i requisiti richiesti per il pensionamento anticipato. Invece, l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia, salirebbe a 67 anni nel 2019, ma si bloccherebbe senza ulteriori aumenti nei bienni successivi fino a 70 anni e oltre.

“Di fatto – come si legge su quotidiano.net – verrebbe neutralizzato il congegno che lega automaticamente l’età pensionabile alla speranza di vita, con incrementi progressivi della prima in relazione a quello che certifica l’Istat per la seconda. Una soluzione che inciderebbe strutturalmente sul futuro del sistema previdenziale e che potrebbe comunque essere messa in discussione negli anni a venire. Ma che, almeno fino al 2023, impedirebbe l’innalzamento dei requisiti di altri 5-6 mesi”.

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