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Riforma pensioni: il nodo dei coefficienti di trasformazione

I coefficienti di trasformazione del sistema contributivo. Il Decretone non opera alcun cambiamento al loro meccanismo.

Autore: Antonella Viviano
4 Febbraio 2019
- Categoria: News, Previdenza

I coefficienti di trasformazione sono valori che concorrono al calcolo della pensione con metodo contributivo. Grazie a questi valori il montante contributivo versato dal lavoratore durante la sua vita lavorativa viene trasformato nella pensione annua. I coefficienti di trasformazione variano in base all’età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale, a partire dall’età di 57 anni fino ai 70 anni. Maggiore è l’età del lavoratore, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione. Per i trattamenti di pensione liquidati a soggetti di età inferiore a 57 anni (assegno di invalidità, pensione ai superstiti) deve essere applicato il coefficiente di trasformazione previsto per i soggetti che abbiano compiuto i 57 anni. (Fonte: Inps)

Paola Repetto, responsabile del Dipartimento Previdenza SPI CGIL Genova e Liguria ha osservato che il decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4 contenente il Reddito di cittadinanza, Quota 100 ed altre misure relative alle pensioni, non apporta alcuna modifica ai coefficienti di trasformazione, a proposito dei quali ha affermato: “Il ragionamento che sta alla base di questo metodo di calcolo è evidente: prendi la pensione per più tempo e quindi noi spalmiamo il tuo “capitale” su più anni, per cui tu prenderai una pensione più bassa. Ok, sembra ragionevole. Ma poi, se ci si riflette meglio, si conclude che non è ragionevole per niente”.

L’aspettativa di vita è un parametro variabile

Repetto ha chiarito:”L’aspettativa di vita è influenzata da moltissimi fattori e uno dei più rilevanti è il tipo di lavoro che si svolge. Chi è esposto a lavorazioni tossiche, chi svolge lavori pesanti, usuranti, che prevedono il contatto con sostanze pericolose, ha un’aspettativa di vita più bassa rispetto a chi svolge lavori sedentari.
Chi lavora di notte, chi è sottoposto a stress, chi lavora a contatto con la sofferenza e con la morte ha un aspettativa di vita più bassa rispetto a chi lavora in condizioni più favorevoli.

Per altro è anche più probabile che chi svolge lavori di questo tipo abbia l’esigenza di andare in pensione prima, non per sfizio ma perchè non ce la fa più. Però, dato che l’aspettativa di vita è uguale per tutti, come tutti sarà penalizzato. E così si dimostra, ancora una volta, che fare parti uguali tra persone che uguali non sono è la più grande di tutte le ingiustizie”.

I possibili interventi

Per l’esponente sindacale:”Intanto si potrebbero differenziare i coefficienti di trasformazione a seconda del lavoro svolto e tenendo conto anche del lavoro di cura nel caso delle donne. Si potrebbe anche per esempio tener conto non solo dell’aspettativa di vita, ma anche dell’aspettativa di vita in salute, che, per le donne, è molto più breve.

Si può affrontare un problema complesso con soluzioni complesse, senza semplificare e utilizzando le numerosissime informazioni esistenti. Ci vuole volontà politica, ci vuole il tempo giusto, senza farsi prendere dalla fregola di mantenere le promesse (o di far finta di mentanere le promesse) prima delle elezioni europee. Ci vuole un confronto serio con il sindacato confederale, che ha elaborato proposte e soluzioni eque, sostenibili e che ha tutta la disponibilità a discuterne”.

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Antonella Viviano

Antonella Viviano

Ha integrato gli studi universitari in matematica con competenze di carattere informatico. Coltiva da sempre la passione per la scrittura e per lettura con preferenze per la narrativa classica, la storia ed i libri gialli. Appassionata di arte, cucina, bricolage ed acquariologia.
Mail: a.viviano@diritto.news

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