Riforma pensioni, chi sceglie di uscire dal lavoro con quota 100 può perdere anche un quinto dell’assegno

Riforma pensioni, chi sceglie di uscire dal lavoro con quota 100 può perdere anche un quinto dell'assegno

La quota 100 approvata dal governo gialloverde nel Disegno di Legge di Bilancio che prevede uscita anticipata a 62 anni con 38 anni di contributi, l’assegno può essere decurtato anche di un quinto rispetto ai 67 anni.

Chi sceglie di uscire dal lavoro con quota 100 può perdere anche un quinto dell’assegno.

Come viene ipotizzato sul quotidiano La Repubblica più si anticipa l’uscita con la nuova misura previdenziale che sarà introdotta nella legge di Bilancio 2019 e meno sarà l’assegno che si percepirà. La perdita dell’assegno mensile potrebbe arrivare fino al 20 per cento.

Questo per tre motivi: l’uscita anticipata determina un minore versamento di contributi, l’innalzamento della speranza di vita e l’assenza di rivalutazione dei contributi al Prodotto interno lordo. I lavoratori maggiormente colpiti da questi effetti negativi dell’uscita anticipata con quota 100 potrebbero essere quelli nati tra il 1953 ed il 1957.

Chi sceglierà la quota 100 per anticipare l’uscita dal lavoro nel 2019 potrebbe dover rinunciare fino ad un quinto del mensile, e non per le penalizzazioni, ma proprio i contributi versati saranno meno di quelli che potrebbero accumularsi con l’attesa della pensione di vecchiaia. Si parte da un minimo del 2 per cento di perdita (per chi ha maturato 42 anni di contributi) fino ad un massimo del 20% (per chi invece ha raggiunto il minimo previsto dalla quota 100, ovvero 38 anni).

Secondo il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, Un lavoratore che decidesse di andarsene in pensione all’età di 62 anni con 38 anni di contributi – quindi con un anticipo di 5 anni rispetto alla normale età pensionabile -, dovrebbe rinunciare a circa il 21 per cento dell’assegno che avrebbe preso a 67 anni.

Tito Boeri, nel suo intervento in audizione alla Commissione Lavoro della Camera, prendendo come esempio una retribuzione media di un dipendente pubblico di 40.000 euro lordi l’anno e una pensione attesa di 30.000 euro in uscita nel 2019. “Se il calcolo è interamente retributivo fino al 2011 e poi contributivo – ha detto – uscendo cinque anni prima si rinuncia a circa 500 euro al mese (lordi) che si sarebbero presi uscendo a 67 anni”.

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