Quota 100 non sarà abolita almeno fino al 31 dicembre 2021, in modo tale che si compia il triennio di sperimentazione. In effetti la misura che consente di anticipare la pensione a 62 anni e 38 di contributi ha avuto meno successo del previsto: 156 mila uscite nel 2019 contro le 290 mila ipotizzate a suo tempo nel decreto istitutivo, varato l’anno scorso dal governo M5S-Lega. Con un risparmio notevole di risorse, alla fine del triennio, già a quota 7 miliardi su 21 stanziati.
Dalle pagine di Repubblica, riprese anche dal sito nextquotidiano.it, Valentina Conte spiega che se poco prima del confinamento di marzo il governo Conte bis si preparava a offrire ai sindacati che la chiedevano una nuova riforma delle pensioni – per rivedere a fondo la legge Fornero, tutelare i giovani, le donne, i precari e chi fa lavori usuranti, garantire a tutti flessibilità in uscita anche chiudendo Quota 100 un anno prima – ora nessuno a Palazzo Chigi ci pensa più.
Quota 100 come ammortizzatore sociale
Sostiene il sottosegretario Pd all’Economia Pier Paolo Baretta: «Quota 100 la facciamo finire oramai». E ancora: «In questo contesto di crisi profonda anzi può considerarsi un ammortizzatore sociale». Tuttavia agli Stati Generali di giugno, i sindacati hanno fatto capire che il tempo non è molto per impostare una riforma strutturale delle pensioni e nell’attesa studiare nuove forme di flessibilità in un contesto sconvolto dal coronavirus. «La prossima legge di bilancio sarà dedicata alla riforma fiscale, quella successiva alla riforma previdenziale che entrerà in vigore l’1 gennaio 2022, sciogliendo il nodo dello scalone che si verrà a creare per la fine di Quota 100: l’età pensionabile che sale di cinque anni dai 62 ai 67», conclude.