Politica industriale, il bisogno di un’agenda concreta su lavoro e sviluppo

Fattura elettronica, il ministro Tria dichiara che non ci sarà proroga

Politica industriale, ultime news. In attesa dell’appuntamento decisivo a settembre con la Legge di stabilità, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ribadisce il suo impegno a evitare un ulteriore aumento del debito pubblico. Le sue dichiarazioni sono servite per una tregua con Bruxelles e i mercati.

Quel che invece alimenta incertezze e incognite sulle prospettive della nostra economia è la mancanza, da parte del governo giallo-verde, di una strategia di medio periodo basata sulla triade ricerca applicata, formazione e infrastrutture, essenziale per incrementare il saggio di sviluppo complessivo del sistema-paese e rendere possibile l’assestamento dei nostri conti pubblici.

Il bisogno di una politica lungimirante: la mancanza di strategia del governo giallo-verde.

Il cosiddetto “decreto dignità”, benché sia ora approdato in Aula a Montecitorio con alcune modifiche rispetto ai suoi contenuti originari, non appare destinato a implementare le potenzialità competitive delle imprese, anzi a deprimerle, nonché a rendere più difficile la riduzione del precariato.

Non è certo mediante una legge che i contratti a termine, si possa trasformarli in posti di lavoro a tempo indeterminato. Solo concrete opportunità di sviluppo, della loro attività possono indurre le aziende a mantenere o ad assumere del personale in pianta stabile.

D’altra parte solo un piano ben congegnato di efficaci incentivi per il miglioramento del capitale umano può assecondare l’acquisizione da parte dei giovani di nuovi profili professionali che valgano a inserirli nel mondo del lavoro. Gli attuali centri per l’impiego invece non dispongono né di personale qualificato né di strumenti adeguati.

Quanto al proposito del governo di impedire che si ripetano gli abusi di alcune multinazionali nella delocalizzazione all’estero dei loro impianti dopo aver goduto di particolari sovvenzioni pubbliche per insediarsi in Italia, occorre accertare, caso per caso, quali siano state le specifiche clausole stabilite, a suo tempo, nei loro riguardi per evitare il rischio di scoraggiare gli investitori stranieri dal metter piede nel nostro Paese.

Inoltre, mentre viene annunciato, da parte del governo, un possibile taglio del cuneo fiscale a favore dei “settori innovativi”, non è chiaro a quali comparti si faccia espresso riferimento; e resta comunque necessario, per agire con effettiva cognizione di causa, prendere in esame come e quanto le singole imprese siano impegnate nell’adozione di nuove tecnologie in chiave produzione 4.0.

A ogni modo risulta indispensabile una politica economica sagace e lungimirante, che non dia invece l’impressione di un ritorno a una sorta di dirigismo statalizzante, lontano sia da una valutazione appropriata delle diverse e mutevoli evenienze del mercato e quindi dei rischi d’impresa; e, dall’altro, da un dialogo costruttivo fra governo, rappresentanze imprenditoriali e organizzazioni sindacali.

Oltretutto i Cinquestelle stanno rimettendo in discussione sia la sorte dell’Ilva sia quella di importanti infrastrutture (come la Tav, la Tap e il Terzo Valico) decise da tempo e considerate vitali anche dalla Comunità europea per l’asse mediterraneo.

Insomma c’è il pericolo che, di questo passo, finisca per affermarsi un indirizzo di governo caratterizzato sotto traccia da preconcetti antindustriali, se non da una tendenza arcadica e fantasiosa alla “decrescita felice”.

In ogni caso, i nodi verranno al pettine in autunno, al momento in cui si dovrà affrontare con Bruxelles la partita sulla Legge di bilancio e una consistente manovra finanziaria per evitare l’aumento dell’Iva e delle accise.

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