Secondo quanto risulta dalle bozze della Manovra del governo, la versione di Opzione Donna rimarrebbe quella annunciata con la soglia anagrafica dell’uscita anticipata per tutte le lavoratrici modulata sulla base del numero dei figli: a 58 anni con due o più, a 59 con uno solo e a 60 senza “prole”. E dunque non figura, secondo quanto riporta il sito del Sole 24 Ore, la marcia indietro che si profilava, e che non sarebbe dispiaciuta al ministero del Lavoro, per ricorrere semplicemente a una proroga secca dell’attuale meccanismo, visti anche alcuni dubbi già manifestati di un rischio di incostituzionalità della misura.
Un rischio di incostituzionalità!
Pure per questa causa, se il testo finale della manovra confermerà, come sembra, la ”variabile figli”, la partita si riaprirà in Parlamento. Dove l’attenzione si concentrerà anche sull’incentivo per favorire la permanenza al lavoro degli over 62 con 41 di contributi. La misura contenuta negli ultimi testi del Ddl di bilancio ricalca il cosiddetto bonus Maroni con un super-incentivo del 33% (decontribuzione totale) che farebbe salire la busta paga dei lavoratori dipendenti di circa 280 euro netti al mese nel caso di un reddito lordo annuo da lavoro di 15mila euro e addirittura di quasi 690 euro netti al mese con un reddito lordo da cinquantamila euro l’anno. Ma il rinvio (“volontario”) dell’uscita anticipata con i requisiti di Quota 103 bloccherebbe di fatto in modo automatico il livello della pensione, che rimarrebbe per sempre “leggera”.