Pensioni, si riuscirà a evitare il ritorno alla legge Fornero?

Pensioni, le novità su alcune ipotesi di riforma

La riforma delle pensioni stenta a partire: mancano sei mesi alla fine di Quota 102 e non è stata ancora trovta la strada per evitare un ritorno dal 2023 alla legge Fornero in versione integrale. Intanto i Sindacati premono per riaprire il tavolo. Mario Draghi aveva chiarito già alla fine dello scorso anno la necessità di vincolare al metodo di calcolo contributivo qualsiasi nuovo intervento mirato a consentire le uscite prima della soglia di vecchiaia.

Si restringe il campo delle opzioni possibili!

Questo, come rileva il sito Today.it, sembra restringere di molto il campo delle opzioni utilizzabili. Fra le quali ci sarebbe quella di rendere accessibile a tutti il canale d’uscita con almeno 64 anni d’età e venti di contribuzione, oggi di fatto consentito solo a chi è totalmente “contributivo”. Tuttavia con il ricalcolo contributivo la riduzione dell’assegno dei lavoratori in regime “misto” (mix di contributivo e retributivo per chi al 31 dicembre 1995 non aveva più di 18 anni di contributi) sarebbe intorno al 10 per cento, con picchi del 18 per cento per lavoratori in possesso fino a 17 anni di anni di versamenti al momento “agganciati” al retributivo.

Sistema misto!

Il nodo centrale è la flessibilità in uscita per i lavoratori del sistema “misto”. Il piano che prevederebbe di aprire una via d’uscita unica a 64 anni con il ricalcolo contributivo dell’assegno non piace molto ai Sindacati, che spingono sulla possibilità di andare in pensione a 62 anni, salvaguardando anche in qualche modo la quota retributiva o, in alternativa, con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica. Quota 41 tuttavia  avrebbe un impatto pesante sulla spesa pensionistica. E i 62 anni come requisito anagrafico cardine di una riforma sono molto improbabili. Insomma, non ci siamo.

Pissarides: 62 anni è troppo presto!

Christopher Pissarides, premio Nobel dell’Economia nel 2010 grazie agli studi sul mercato del lavoro, a Torino per il Festival Internazionale dell’Economia, mette un macigno sopra le pensioni dai 62 anni di età: “Sessantadue anni è troppo presto adesso, che cosa fai dopo se vai in pensione a quell’età, magari cerchi un altro lavoro – dice a Repubblica – Ormai si è in ottime condizioni di salute almeno fino a 70 anni. Si potrebbe pensare a un compromesso: dopo i 62 anni si dà la possibilità alle persone di ricevere una pensione parziale e di lavorare in modo flessibile, al massimo per quattro giorni la settimana, lasciando tempo libero per esempio per stare acasa e riposarsi, o per andare dal medico. Anche perché dopo i 60 anni magari il danaro non è più la priorità, però poterne disporre è ancora una bella cosa!”.

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