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Pensioni, quota 100 senza penalità per le aziende in crisi

Per la platea di occupati tra i 62 e 64 anni, i tecnici del governo stanno studiando come prevedere in manovra un ritiro anticipato, senza penalizzazioni.

Autore: Mariella Marotta
25 Settembre 2018
- Categoria: News, Previdenza
Rischio recessione: Conte esclude al momento una manovra bis

Assicurare l’uscita anticipata dei lavoratori delle aziende in crisi con lo strumento “quota 100”. Per la platea di occupati tra i 62 e 64 anni, i tecnici del governo stanno studiando come prevedere in manovra un ritiro anticipato, senza penalizzazioni. Il divario rispetto all’assegno pensionistico che il lavoratore avrebbe maturato uscendo con i requisiti per la pensione di vecchiaia potrebbe essere volontariamente colmato dalle aziende che, a fronte di un’incentivazione fiscale, potranno versare i contributi ai fondi interprofessionali per un massimo di 5 anni; si pensa di creare una gestione ad hoc presso Fondimpresa.

Dalla manovra ai «tavoli».

Questo strumento sarebbe a disposizione anche delle aziende coinvolte nei 144 tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo, che occupano oltre 189mila lavoratori e spaziano dai servizi (oltre 28mila) alla siderurgia (più di 20mila), dagli elettrodomestici (circa 19mila) all’Ict (circa 14mila) e all’automotive (4-5mila).

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Sono interessate imprese grandi e piccole, con nomi più o meno conosciuti e vertenze in alcuni casi sostanzialmente chiuse. Tra le altre: Alitalia, Almaviva, Acciai speciali Terni, Bridgestone, Ericsson, Condotte, Embraco, Electrolux, Honeywell, Ilva, Italiaonline, Micron, Nestlé, Piaggio Aero, Sda, Valtur e Whirlpool Indesit.

Di questi 144 tavoli, 31 riguardano aziende che in parte o totalmente sono state interessate da cessazione d’attività in Italia per delocalizzare all’estero, con 30mila posti coinvolti. Senza dimenticare i 147 gruppi interessati da procedure di amministrazione straordinaria.

L’elenco dei verbali del Mise dice che da quando si è insediato il governo Conte, all’inizio di giugno, sono stati una quarantina gli incontri relativi a circa 30 aziende. Si va dai casi di delocalizzazione da contrastare – come Bekaert e Invatec – al recente dossier Iaa (Industria italiana autobus) che il ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, punta a sbloccare con il coinvolgimento pubblico, attraverso un investimento diretto di Fs.

Il tema è caldo. Da oggi infatti – denunciano i sindacati – scadono gli ammortizzatori sociali, per migliaia di lavoratrici e di lavoratori, in seguito alle norme del Dlgs 148/2015. In molte aziende, segnalano Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil – verrà superato il limite dei 36 mesi di Cig e CdS a disposizione nel quinquennio. Questa mattina si terrà un presidio dei metalmeccanici davanti al Mise per chiedere risposte immediate al governo.

È ancora presto per un confronto con la gestione delle crisi negli ultimi anni. Tra il 2014 e il 2017, l’unità di gestione delle vertenze ha lavorato su 160 casi che hanno interessato complessivamente 617mila lavoratori, di cui 77.125 (il 13%) hanno trovato una nuova occupazione attraverso un processo di reindustrializzazione.

Quante gestioni di crisi aziendali vanno a buon fine? All’inizio del 2018, il precedente governo aveva calcolato che su circa 160 tavoli il 46% riguardava crisi in corso, il 22% casi con conclusione definitiva positiva, il 28% con conclusione positiva in monitoraggio e solo il 3,7% con conclusione negativa.

Mariella Marotta

Mariella Marotta

Laureanda in Studi Umanistici, indirizzo in Lettere Moderne, all’Università Federico II di Napoli, è appassionata di arte, letteratura, cinema, moda e da ex pugile, di sport.
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