Pensioni, nuove proposte con assegno ridotto. Le ultime novità

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Sul tema della riforma delle pensioni si vuole evitare al ritorno della legge Fornero prevista per il 2023 se non si arriverà a un accordo diverso. In quel caso, come spiega il sito de Il Giornale, si uscirebbe dal mondo del lavoro a 67 anni con almeno 43 di contributi per gli uomini e 42 per le donne. L’apertura ad andare in pensione prima c’è stata, da parte del Governo, ma non è ancora stata confermata.

In effetti si potrebbe ricorrere a un sistema pensionistico che anticipi di tre anni la pensione di vecchiaia (quindi 64 anni) a patto che si abbiano 20 anni di contribuzione ma soprattutto l’eliminazione dell’assegno sociale per questa categoria. In questo modo, quindi, si sarebbe penalizzati di un 3% ogni anno che arriva al 9-10% dopo tre anni ma potenzialmente al 18% in meno per i lavoratori che fanno parte del sistema misto (ossia chi nel dicembre 1995 non aveva più di 18 anni di contributi). Coloro i quali fanno parte del contributivo uscirebbero a 64 anni con pensioni minime di 1.311 euro. La soglia, comunque, è considerata alta e l’esecutivo è al lavoro per abbassarla e realizzare una specie di nuova Quota 102 (64+38), soluzione “ponte” per la nuova riforma che terrà conto della nuova aspettativa di vita.

La posizione dei Sindacati!

Invece i Sindacati hanno un’altra ipotesi ancora in fase di studio: pensioni dai 62 anni d’età ma salvando la parte retributiva “perché mediamente in Europa si va in pensione a 63 anni”, aveva affermato il mese scorso il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. In pratica, quindi, si potrebbe uscire in manier flessibile a 62 anni oppure avendo maturato 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. In sostanza, è Quota 41 che la Lega vorrebbe venisse attuata.

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