Pensioni, la discussione su Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 102

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Le pubbliche risorse finanziarie non sono floride, ma sulle pensioni il percorso è obbligato, anche perché nel 2023 si attende un’impennata della spesa di quasi 24 miliardi per l’aumento dei costi per l’adeguamento degli assegni previdenziali all’andamento dell’inflazione. Come spiega il sito del Sole 24 Ore, si riparte dal prolungamento di Ape sociale e Opzione donna. Giorgia Meloni nel suo discorso programmatico alle Camere lo ha detto chiaramente. Resta da capire se del «rinnovo delle misure in scadenza a fine anno», indicato dal nuovo premier, fa parte anche Quota 102.

La discussione nella maggioranza, e tra il governo e i Sindacati, si svolge proprio su questo punto. Matteo Salvini insiste per inserire in una Quota 102 rivista un primo assaggio di Quota 41 aprendo la strada ad un mix, appunto, di 41 anni di versamenti e 61 (o 62) anni d’età. Oltre a ciò c’è l’ipotesi di una Quota 102 con requisiti flessibili, che potrebbe essere valutata dai tecnici del ministero del Lavoro, guidato ora da Marina Calderone.

C’è da dire che il tempo per realizzare la riforma previdenziale targata centrodestra diventa quello dell’intera legislatura. In effetti, per il prossimo anno, le risorse sono poche e la priorità per il nuovo governo è puntellare imprese e famiglie contro il caro bollette. Meloni Nel suo discorso programmatico a Montecitorio, Meloni lo ha chiarito. Tuttavia questo non vuol dire che l’esecutivo, dopo lo stop di Quota 102 a fine anno, voglia tornare alla legge Fornero in versione integrale.

Ape Sociale e Opzione Donna!

Un pacchetto ristretto di misure pensionistiche sarà adottato con la manovra in arrivo a metà novembre 2022. Meloni ha di fatto confermato che anche nel 2023 saranno utilizzabili Ape sociale e Opzione Donna: la possibilità di uscita per le lavoratrici con 58 anni (59 se “autonome”) e 35 di contribuzione e il ricalcolo contributivo dell’assegno. La proroga di questi due strumenti in scadenza dovrebbe essere annuale, anche se il governo punta a rendere strutturale Opzione donna.

L’attuale stato dei conti pubblici non consente l’adozione immediata di Quota 41, uno dei cavalli di battaglia di Salvini. Tuttavia la Lega non demorde del tutto e insiste per ottenere almeno un assaggio di Quota 41 nel 2023 vincolandola a una soglia anagrafica. Il responsabile lavoro della Lega, Claudio Durigon, ha già presentato al Senato una proposta di legge per superare la legge Fornero introducendo la possibilità di uscita con almeno 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica (Quota 41).  Tuttavia lo stesso Durigon ha tenuto a precisare che non è un punto di partenza ma un punto di arrivo, un obiettivo da raggiungere nei cinque anni di legislatura.

Quota 102!

Non è chiaro se fra le misure in scadenza a fine anno che il governo intende rinnovare c’è anche Quota 102: la via d’uscita con 64 anni d’età e 38 di versamenti introdotta solo per quest’anno dall’esecutivo Draghi. Su questo punto si giocherà la partita nella maggioranza e tra il governo e i Sindacati, che il neo-ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha già annunciato di voler convocare in tempi molto brevi. La soluzione più indolore, in attesa di una vera riforma, sarebbe prorogare di un anno anche Quota 102, visto che questo “strumento” costa poche centinaia di milioni. Ma la Lega punta a inserire nella “Quota” almeno il vincolo del 41 anni di contribuzione, spingendo per un sostanziale restyling di Quota 102, che nel 2023 verrebbe modellata su 61 (o 62) anni d’età e 41 anni di contributi, mettendo così una prima pietra lungo la via da realizzare per arrivare a Quota 41 “secca”.

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