Pensioni: i tagli possibili sulla reversibilità

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La pensione di reversibilità non può essere tagliata di un importo superiore all’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi in caso di cumulo. Ridurre la pensione oltre la misura dei redditi conseguiti, si tradurrebbe in un danno per il superstite. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 162, accogliendo una questione sollevata dal Tar del Lazio sul cumulo tra pensione di reversibilità e redditi aggiuntivi del beneficiario.

Il problema è scaturito dal caso specifico, riportato dal sito Quifinanza.it, di una titolare di pensione di reversibilità, che per due annualità aveva beneficiato di propri redditi aggiuntivi e si era vista decurtare il trattamento pensionistico di una somma superiore all’importo di questi redditi. La Corte costituzionale ha riscontrato come irragionevole una simile situazione e l’ha definita in contrasto con la finalità solidaristica che ispira l’istituto della reversibilità: valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, beneficia del trattamento di reversibilità.

Un legame che nuoce!

Quel legame, anziché favorire il superstite, finisce paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali. Pertanto, nel ribadire che il cumulo tra pensione e reddito deve sottostare a determinati limiti, la Corte ha precisato che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.

Cos’è la pensione di reversibilità!

La pensione ai superstiti è un trattamento pensionistico riconosciuto in caso di decesso del pensionato (pensione di reversibilità) o dell’assicurato (pensione indiretta) in favore dei familiari superstiti. La pensione di reversibilità è pari a una quota percentuale della pensione del defunto. La pensione indiretta è riconosciuta nel caso in cui l’assicurato abbia perfezionato quindici anni di anzianità assicurativa e contributiva ovvero cinque anni di anzianità assicurativa e contributiva di cui almeno tre nel quinquennio precedente la data del decesso.

Ne hanno diritto: il coniuge o l’unito civilmente; il coniuge divorziato a condizione che sia titolare dell’assegno divorzile, che non sia passato a nuove nozze e che la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto sia anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio; i figli minorenni alla data del decesso del dante causa; i figli inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso, indipendentemente dall’età; i figli maggiorenni studenti, a carico del genitore, che non prestino attività lavorativa, che frequentano scuole o corsi di formazione professionale equiparabili ai corsi scolastici, nei limiti del ventunesimo anno di età; i figli maggiorenni studenti, a carico del genitore, che non prestino attività lavorativa, che frequentano l’università, nei limiti della durata legale del corso di studi e non oltre il ventiseiesimo anno di età; in assenza di coniuge e figli aventi diritto, ai genitori che abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione e risultino a carico del lavoratore deceduto; in assenza del coniuge, dei figli o del genitore (o se, pur esistendo essi non abbiano diritto alla pensione ai superstiti) ai fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto.

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