Pensioni, i giovani di oggi lasceranno il lavoro a 74 anni con assegni minimi

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I giovani lavoratori che oggi come oggi hanno meno di trentacinque anni, per poter un giorno avere una pensione “dignitosa” non è difficile che siano costretti a dover rimanere al lavoro fino a settantaquattro anni. Questo è quanto sostiene la ricerca “Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani” realizzata dal Consiglio Nazionale dei Giovani (Cnog) insieme a Eures. Lo scenario evocato da questa ricerca sottolinea la crescente difficoltà per i giovani a entrare nel mercato del lavoro trovando stabilità contrattuale con livelli retributivi adeguati.

Il pensionamento slitterà oltre l’età minima per vecchiaia!

Conseguenza di quanto detto sopra è che la prolungata precarizzazione farà slittare il pensionamento ben oltre l’età minima per vecchiaia con assegni di poco superiori ai contributi sociali, cioè poco meno di 1100 euro al mese. Con le regole attuali l’uscita dal lavoro per vecchiaia a 66,7 anni equivarrebbe a percepire un assegno medio mensile dopo il 2050 di 1.044 euro lordi, circa 900 euro netti, il doppio di un contributo pubblico per incapienti.

Proiezioni simili per lavoratori dipendenti e autonomi!

Per poter arrivare a un’entrata “dignitosa” di 1.577 euro lordi al mese (1.099 al netto dell’Irpef) la simulazione fissa l’uscita posticipata dei lavoratori dipendenti a 73,6 anni, ovvero cinquantadue anni di prestazioni che spesso potrebbero essere discontinue. La ricerca citata evidenzia una proiezione analoga per i lavoratori con partita iva: occorrerà lavorare fino a 73,6 anni per percepire un assegno mensile in media di 1.650 euro lordi, 1.128 al netto dell’Irpef, ovvero 3,3 volte in più dell’assegno sociale.  

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