Pensioni, esodati: l’emendamento al DDL Bilancio 2020 del Senatore Nannicini

Il punto sulla questione esodati

L’emendamento al DDL Bilancio 58.0.10 “Disposizioni in materia di accesso al pensionamento per i lavoratori cosiddetti esodati”, con firmatari i Senatori del Pd  Tommaso NanniciniMauro Laus Daniele Manca, ha l’obiettivo di salvaguardare gli  esodati esclusi dai precedenti interventi di salvaguardia pensionistica varati nel corso degli anni.

Luigi Metassi amministratore del “Comitato Esodati Licenziati e Cessati”, sul suo blog “Il Volo della Fenice”, ha sottolineato che tale emendamento recepisce pienamente gli elementi di diritto rivendicati dagli esodati non salvaguardati. Il Comitato “Esodati Licenziati e Cessati” sostiene da tempo il “diritto “ad un equo transitorio piuttosto che a rivendicare un diritto quesito – che di fatto non sussiste – e ad individuare nella data del 31/12/2021 il ragionevole termine entro il quale i raggiunti requisiti costituirebbero elemento discriminante per l’ottenimento del beneficio della salvaguardia”, ha precisato Metassi.

Diritto quesito e diritto “ad un equo transitorio”

Metassi ha distinto il diritto quesito “che, non prescrivendosi nel tempo, legittimerebbe il termine “tombale” che ora taluni sciorinano a sproposito”, dal diritto ad un ragionevole ed equo transitorio, “il cui significato letterale sottintende una temporaneità, un processo che può protrarsi solo fino ad una congrua data stabilita”. L’amministratore del “Comitato Esodati Licenziati e Cessati” ha chiarito: “Una spiegazione esaustiva della tesi sostenuta dal Comitato “Esodati Licenziati e Cessati”, ora fatta propria dall’emendamento 58.0.10, parte da un’ attenta analisi dei termini e dei concetti di diritto richiamati nelle motivazioni della sentenza costituzionale 822/1988: “Questa Corte ha già affermato (sent. n. 349 del 1985) che nel nostro sistema costituzionale il legislatore può emanare disposizioni che modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, salvo, quando si tratti di disposizioni retroattive, il limite costituzionale vigente per la materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.). Dette disposizioni, però, al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica che costituisce elemento fondamentale ed indispensabile dello Stato di diritto (v. sentt. nn. 36 del 1985 e 210 del 1971).

Anche se deve ritenersi ammissibile un intervento legislativo che modifichi l’ordinamento pubblicistico delle pensioni, non può, però, ammettersi che detto intervento sia assolutamente discrezionale. In particolare, non può dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo o in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando già sia subentrato lo stato di quiescenza, peggiorasse, senza una inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività lavorativa“.

“Senza scomodare la natura sinallagmatica del rapporto tra contributore e Istituto previdenziale, che già di per se esclude il diritto in assenza dei requisiti, è la menzionata sentenza stessa ad escluderlo laddove giudica legittima, seppur limitata da precisi distinguo, l’eventualità che il legislatore intervenga negativamente, anche retroattivamente, in materia di trattamenti pensionistici. È quindi a sanatoria della irrazionale trasmodazione della legge, dell’arbitrarietà del legislatore, delle frustrate aspettative del cittadino che interviene la salvaguardia e non nei confronti di una insostenibile pretesa di inesistenti diritti quesiti”, ha precisato Metassi, aggiungendo: “La sentenza summenzionata non si limita però ad affermare i limiti entro i quali l’operato del legislatore è da considerarsi legittimo ma, pur senza entrare nel merito della dimensione temporale, stigmatizza la peculiarità della fase previgente il pensionamento quale momento critico, nel corso del quale il lavoratore va tutelato nelle maturate aspettative. Da questo discende il diritto ad un congruo transitorio ma si palesa anche una netta separazione tra chi è in fase previgente e chi non lo è.

Posta in questi termini la questione, occorre riconoscere che se, con la VIII salvaguardia, non si fosse verificata una recrudescenza delle iniquità insite già nei precedenti provvedimenti e se tale legge avesse comportato un termine al raggiungimento dei requisiti identico per tutte le categorie, fosse stato anche il 31/12/2018, oggi non sussisterebbero elementi idonei a rivendicare una sanatoria al transitorio. Così non è stato ed è per questo che ancora è possibile parlare di salvaguardia, argomentando da un preciso punto di vista giuridico. Poichè ad una sola categoria di esodati è stato concesso il beneficio della salvaguardia a condizione che i requisiti siano raggiunti entro il 31/12/2021, per l’equità dovuta ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, lo stesso beneficio deve essere ora concesso alle altre categorie”.

Emendamento 58.0.10 per gli esodati non salvaguardati

Dopo l’articolo, inserire il seguente: “Art. 58-bis. (Disposizioni in materia di accesso al pensionamento per i lavoratori cosiddetti esodati)
1. Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data, di entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ferme restando, nei limiti definiti ai sensi del comma 4 del presente articolo, le precedenti norme al riguardo ivi indicate, continuano ad applicarsi ai seguenti soggetti i quali, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, perfezionano i requisiti per il pensionamento successivamente alla data del 31 dicembre 2011:

a) ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, i quali perfezionano i requisiti previdenziali utili al trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, entro il 31 dicembre 2021;

b) ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettera f), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, i quali perfezionano i requisiti previdenziali utili al trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, entro il 31 dicembre 2021;

c) ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettere b), c) e d), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il cui rapporto di lavoro si è risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attività non riconducibile a lavoro dipendente a tempo indeterminato; il cui rapporto di lavoro si è risolto dopo il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410,411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a lavoro dipendente a tempo indeterminato; il cui rapporto sia cessato per decisione unilaterale nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a lavoro dipendente a tempo indeterminato, i quali perfezionano i requisiti previdenziali utili al trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, entro il 31 dicembre 2021;

d) ai lavoratori di cui all’articolo 24, comma 14, lettera e-ter), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, limitatamente ai lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, i quali perfezionano i requisiti previdenziali utili al trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, entro il 31 dicembre 2021;

e) con esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei lavoratori con qualifica di stagionali, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato, cessati dal lavoro tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali perfezionano i requisiti previdenziali utili al trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, entro il 31 dicembre 2021.

2. Per la determinazione dei requisiti di accesso al pensionamento dei soggetti di cui al comma 1 non trovano applicazione, a partire dal 1º gennaio 2018, gli adeguamenti relativi agli incrementi della speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni.

3. Per la determinazione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti ed autonome appartenenti alle categorie di cui al comma 1 non trovano applicazione, a partire dal 10 gennaio 2018, gli incrementi dei requisiti anagrafici previsti dall’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 11.

4. Ai fini della presentazione delle istanze da parte dei lavoratori, da effettuare entro il termine di decadenza di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano per ciascuna categoria di lavoratori sopra riportata le specifiche procedure, previste per i precedenti provvedimenti in materia di salvaguardia dei requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n, 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come da ultimo stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2014. L’INPS provvede al monitoraggio delle domande di pensionamento inoltrate dai lavoratori di cui al comma 1 del presente articolo che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, e provvede a pubblicare nel proprio sito internet, in forma aggregata al fine di rispettare le vigenti disposizioni in materia di tutela dei dati personali, i dati raccolti a seguito dell’attività di monitoraggio, avendo cura di evidenziare le domande accolte, quelle respinte e le relative motivazioni. Qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione e dei limiti di spesa, anche in via prospettica, determinati ai sensi dei commi 1, 2, 3 e 6, primo periodo, del presente articolo, l’INPS non prende in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefìci previsti dal presente articolo”.

 

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