Pensioni e contributi silenti, le ultime novità

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Pensioni e contributi silenti: l’analisi di Giuseppe Pennisi. Il tema dei contributi silenti delle pensioni è tornato all’attenzione generale in un convegno sul dibattito previdenziale che ha coinvolto Anpan, Anrra, Anua,  Anupsa, Confedir, Federspev, Unpit,  Unuci. Nello specifico, i contributi silenti sono quei contributi versati da un lavoratore che interrompe la propria attività prima di raggiungere il requisito contributivo minimo necessario per andare in pensione. Tali contributi vengono incamerati dall’Ente previdenziale, senza dover essere restituiti.

Giuseppe Pennisi,  economista e consigliere del Cnel ha osservato su le formiche.net che sono sette-otto i milioni d’italiano che rischieranno di rimanere senza pensione al termine della vita lavorativa in virtù dell’incremento da 15 a 20 anni dei contributi minimi necessari per le pensioni di vecchiaia, che fu stabilito nel 1992 con la riforma Amato (Decreto legislativo n. 503/1992).

Pensioni e aumento dei requisiti contributivi.

L’aumento dei requisiti contributi minimi, dovuto alle difficoltà contingenti, sottolinea Pennisi, sarebbe dovuto essere temporaneo, mentre ha acquisito una valenza permanente. La scelta operata sulle pensioni, per l’economista, evidenzia come le riforme previdenziali siano state caratterizzate finora da un atteggiamento di superficialità nella loro redazione. Coloro che versano contributi che non daranno frutto ai fini del pensionamento sono perlopiù donne, lavoratori stagionali, ex lavoratori autonomi e coloro che svolgono carriere professionali irregolari, ma anche gli italiani che emigrano all’estero o che muoiono prematuramente.

Per Pennisi la situazione non potrà che peggiorare a causa della crisi del mondo del lavoro che offre lavori sempre più precari ed a tempo determinato. L’economista precisa, ad ogni modo, che l’Inps rischierebbe la bancarotta se fosse costretta a restituire i contributi silenti ai lavoratori per effetto di un provvedimento legislativo.

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