Pensioni d’oro, dal taglio 300-600 milioni di risparmi

Pensioni, i paradossi di Quota 100, si scatena l'indignazione dei precoci

Pensioni, le ultime news. Sulle pensioni il Governo comincia a tracciare la rotta che, con un’operazione a tappe, dovrebbe consentire di centrare entro la fine della legislatura uno dei punti chiave del famoso “contratto” gialloverde.

Questo è il superamento della legge Fornero accompagnato dalla nascita delle pensioni di cittadinanza e dal taglio dei cosiddetti assegni d’oro. Proprio quest’ultimo intervento dovrebbe avere la funzione di apriprista nella strategia dell’esecutivo per avviare il restyling previdenziale.

Il nodo da sciogliere: come intervenire. Con ricalcolo o con contributo di solidarietà.

Il dubbio è come intervenire. Se con un ricalcolo di queste pensioni più elevate per eliminare il cosiddetto “squilibrio contributivo” che le allontana dal valore dei contributi versati, oppure se con un contributo di solidarietà, caldeggiato dalla Lega.

Il ricalcolo, ammesso che vengano superate le numerose difficoltà tecnico-concettuali, garantirebbe risparmi tra i 300 e i 600 milioni annui, secondo una stima di Tabula, la società di consulenza previdenziale di Stefano Patriarca. Proiettando a oggi i dati del Casellario Inps aggiornati al 2016, si prevede che l’intervento possa interessare poco più di 75mila pensioni sopra quella soglia, se si considerano i singoli trattamenti.

Il taglio potrebbe oscillare tra il 10 e il 12% dell’assegno “d’oro” attuale, a seconda del tipo di intervento. Ma nella maggioranza non mancano le perplessità sulla misura allo studio del ministero del Lavoro.

Alberto Brambilla, esperto della Lega, spinge per esempio per un contributo di solidarietà triennale sugli assegni da 2mila euro lordi a salire, un prelievo tra i 5 e i 7 euro al mese che produrrebbe 1,5 miliardi di minore spesa.

M5S e Lega devono poi fare i conti anche i vincoli di bilancio su cui il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, non sembra disposto a concedere troppe deroghe prima di conoscere l’esito del confronto con Bruxelles sulla richiesta di nuovo spazi di flessibilità per l’utilizzo del deficit. Matteo Salvini pretende però un chiaro segnale sulle pensioni già con la prossima legge di Bilancio.

Ecco allora che, in attesa di centrare entro la fine della legislatura l’obiettivo di garantire l’uscita ai lavoratori con quota 100 (almeno 64 anni di età e 36 anni di contribuzione) o quota 41 a prescindere dall’età anagrafica, un’opzione praticabile potrebbe essere quella di aprire la strada con la prossima manovra a quota 42, rendendola magari accessibile a una platea ampia ma non alla totalità dei pensionandi.

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