La Corte Costituzionale con la sentenza n. 217/ 2019 si è pronunciata sull’articolo 131, Comma 3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”, stabilendo che gli onorari e le indennità dovuti a consulenti, notai e custodi devono essere, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, direttamente anticipati dall’erario.
Si tratta di un parziale mutamento di indirizzo rispetto al precedente che aveva portato al rigetto di altre censure nei confronti della norma oggi dichiarata incostituzionale, ma l’impianto della motivazione è coerente con la pregressa giurisprudenza che aveva escluso che gli oneri conseguenti alla tutela dell’indigente potessero gravare su alcune categorie professionali.
Incostituzionalità della prenotazione a debito
La novità della pronuncia sta nella dichiarazione di incostituzionalità dell’applicazione dell’istituto della “prenotazione a debito”, che secondo il precedente indirizzo doveva considerarsi di per sé idonea a soddisfare consulenti, notai e custodi. La Corte ha però riconosciuto che la “prenotazione a debito” impedisce il pagamento degli onorari e delle indennità prima dell’effettivo recupero del credito, il che molto spesso – come nel caso del patrocinio dell’indigente – non può avvenire, con la conseguente esclusione del pagamento della prestazione professionale.
La sentenza della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale “dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante: «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai soggetti ivi indicati siano «prenotati a debito, a domanda», «se non è possibile la ripetizione», anziché direttamente anticipati dall’erario; dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, sollevata dal Tribunale ordinario di Roma (r. o. n. 8 del 2019), in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 24, 35, primo comma, e 36 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe”