Nozione di invalidità pensionabile: la pronuncia della Corte di Cassazione

Pensioni d'invalidità ed accompagnamento: la giurisprudenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11709 del 3 maggio 2019 ha affermato il principio secondo cui, ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dall’art. 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata in riferimento non solo alle attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle precedentemente svolte dall’assicurato (e nel corso delle quali si è manifestato il quadro patologico invalidante), ma anche a tutte quelle occupazioni che, pur diverse, non presentano una rilevante divaricazione rispetto al lavoro precedente, in quanto costituiscono una naturale estrinsecazione delle attitudini dell’assicurato medesimo, tenuto conto di età, sesso, formazione professionale e di ogni altra circostanza emergente nella concreta fattispecie, che faccia ragionevolmente presumere l’adattabilità professionale al nuovo lavoro, senza esporre l’assicurato ad ulteriore danno per la salute (v., fra le tante, Cass. n. 10424 del 2015; Cass. n. 5964 del 2011).

La Cassazione ha precisato, inoltre: “Pur essendo l’invalidità ancorata non più alla capacità di guadagno ma a quella di lavoro, il riferimento alla capacità attitudinale comporta una valutazione di qualità e condizioni personali e soggettive dell’assicurato, cui rimane conferita una tutela rispettosa dei precetti costituzionali di cui agli artt. 38, 32, 2, 3 e 10 Cost.(cfr., fra le tante, Cass. n. 17159 del 2011; Cass. n. 5964 del 2011; Cass. n. 15265 del 2007).

 Nozione di invalidità pensionabile

La nuova nozione di invalidità pensionabile è ancorata non alla generica riduzione della pura e semplice capacità di lavoro quale dato meramente biologico, sibbene alla riduzione di tale specifica capacità in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato, sempre che non si tratti di lavori usuranti che affrettino ed accentuino il logoramento dell’organismo per essere sproporzionati alla residua efficienza psicofisica (vedi, ex plurimis, Cass. 15 gennaio 2018, n.740 e i precedenti ivi richiamati).

Il caso di specie

Nel caso in esame, la valutazione dell’invalidità pensionabile operata dalla Corte d’appello, sulla base delle sintetiche conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, prescinde del tutto dalla necessaria parametrazione delle patologie alla capacità lavorativa specifica dell’assicurata e, pertanto, la sentenza incorre nella denunciata violazione dì legge avendo omesso di precisare le ragioni per le quali il complesso morboso limita, nelle percentuali previste dalla legge, non solo l’attività svolta di operaio tessile ma anche altre occupazioni che l’assistito, per condizioni fisiche, preparazione culturale ed esperienze professionali, sarebbe stato in grado di svolgere in alternativa al lavoro rispetto al quale era risultato inidoneo.

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