Mense scolastiche: no della Cassazione al pasto sostitutivo

Mense scolastiche: no della Cassazione al pasto sostitutivo

La Cassazione ha deciso a sezioni unite di accogliere un ricorso presentato dal Ministero dell’Istruzione e dal Comune di Torino, che ribalta una precedente pronuncia favorevole alla scelta delle famiglie di sostituire il pasto fornito dalla mensa della scuola con il classico “panino fatto in casa”. Se la precedente sentenza emessa nel 2016 dal Tribunale di Torino aveva infatti riconosciuto come legittima la scelta di non iscrivere gli alunni al servizio mensa, quella di oggi ribadisce alcuni principi, primo tra tutti quello secondo cui un «diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione individuale» non può essere stabilito dalla giustizia ordinaria, in quanto rientra nell’ambito di autonomia delle istituzioni scolastiche «in attuazione dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione». La scuola, pertanto, non è un luogo in cui esercitare diritti individuali, né essa regola i rapporti con la propria utenza «in termini meramente negoziali»; al contrario i singoli alunni sono tenuti al rispetto di regole di comportamento comunitarie, ispirate a criteri di «condivisione e tolleranza», nonché agli obblighi costituzionali di «solidarietà sociale, oltre che economica».

Le ragioni della protesta dei genitori.

Il ricorso era stato presentato nel lontano 2014 da un comitato di genitori torinesi chiamato “CaroMensa a Torino”, il quale rivendicava la libera scelta tra la refezione scolastica e il pasto individuale, anche in considerazione dei notevoli aumenti del buono mensa nel corso degli ultimi anni: una spesa non sempre sostenibile da tutte le famiglie. Il rappresentante dei genitori, l’avvocato Roberto Vecchione, ha sostenuto nel corso degli anni una vera e propria battaglia legale, che arriva oggi alla sua fase conclusiva, sfavorevole ai comitati sorti nel frattempo un po’ ovunque in molti comuni d’Italia.

Le conseguenze della sentenza.

A poche settimane dall’avvio del nuovo anno scolastico, la sentenza di oggi non mancherà di avere ricadute critiche sulla gestione economica delle istituzioni scolastiche, che avevano preventivato i costi della refezione sulla base del criterio opzionale, mentre ora si vedono in obbligo di assicurare il servizio a tutti i propri alunni.

Per le famiglie invece, l’unica alternativa possibile resta quella di autorizzare l’uscita del figlio da scuola durante la pausa pranzo. Inutile dire con quanta amarezza la notizia sia stata accolta da parte dei membri del Comitato torinese, secondo i quali la sentenza della Cassazione mette una lapide tombale sul diritto costituzionale a una scuola dell’obbligo gratuita, costringendo di fatto le famiglie a pagare un servizio divenuto negli anni sempre più oneroso.

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