Licenziamento del genitore in congedo parentale: la Cassazione definisce il criterio di legittimità!

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Congedo parentale, le news dalla Cassazione. Secondo la legge il lavoratore-genitore ha diritto ad un permesso dal lavoro fino ai primi otto anni di vita del bambino, ricevendo fino al terzo anno un’indennità pari al 30% dello stipendio. Tale permesso, vale solo se è legato “all’interesse del tutelato“, ovvero il bambino. La Cassazione ha per questo motivo confermato la decisione della Corte d’Appello de L’Aquila nei confronti di un dipendente di una ditta di trasporti. Per i giudici, infatti, “non aveva svolto alcuna attività a favore” del figlio, fatto accertato dal suo datore di lavoro che aveva ingaggiato un’agenzia investigativa.

Le motivazioni della sentenza della Cassazione.

La Cassazione ha evidenziato che “può verificarsi un abuso del diritto potestativo di congedo parentale, nel momento in cui il diritto venga esercitato non per la cura diretta del bambino, bensì per attendere ad altra attività di lavoro, benché incidente positivamente sulla organizzazione economica e sociale della famiglia”. Nel ricorso, l’uomo aveva puntato sull’illegittimità del licenziamento e sul fatto che non era stato accertato che avesse fatto un altro lavoro durante il periodo di congedo.

I motivi del ricorso.

A tale riguardo, i giudici della Cassazione (sentenza n. 509) hanno fatto notare che tale principio vale tanto per chi nei giorni di congedo si dedica ad un altro lavoro, per “l’organizzazione economica e sociale della famiglia“, sia quanto il genitore “trascura la cura del figlio per dedicarsi a qualunque altra attività“. Nella sentenza i giudici spiegano: “Conta non tanto quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio, quanto piuttosto quello che invece non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore“. Il congedo: “non attiene a esigenze puramente fisiologiche del minore ma, specificamente, intende appagare i suoi bisogni affettivi e relazionali onde realizzare il pieno sviluppo della sua personalità sin dal momento dell’ingresso in famiglia”.

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