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Home Lavoro e concorsi

Jobs Act, la consulta: il criterio di determinazione dell’indennità è incostituzionale!

Depositata la sentenza della Corte Costituzionale, che a settembre ha bocciato la misure introdotte dal Jobs Act e confermata dal decreto dignità che prevedeva un risarcimento automatico in caso di licenziamento ingiustificato sulla base dell'anzianità.

Autore: Mirzia Palmieri
10 Novembre 2018
- Categoria: Lavoro e concorsi, News

Secondo quanto stabilito dalla sentenza della Consulta n. 194, depositata 8 novembre 2018, il criterio di determinazione dell’indennità che spetta al lavoratore ingiustamente licenziato è incostituzionale. Sarà il giudice, a determinare l’indennità risarcitoria tenendo conto non soltanto dell’anzianità di servizio ma anche degli altri criteri “desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti, numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti”.

La Corte Costituzionale, già settembre ha bocciato una delle norme cardine della Riforma del Lavoro varata dal governo Renzi.

Jobs Act, la Consulta: “Il giudice deve decidere sull’indennizzo per licenziamento illegittimo”.

Il meccanismo di quantificazione del risarcimento sarà pari ad un “importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio” viene spiegato nella sentenza della Consulta.

Essa rende l’indennità “rigida” e “uniforme” per tutti i lavoratori con la stessa anzianità, così da farle assumere i connotati di una liquidazione “forfetizzata e standardizzata” del danno derivante al lavoratore dall’ingiustificata estromissione dal posto di lavoro a tempo indeterminato.

Il giudice, come viene riportato nella sentenza, “nell’esercitare la propria discrezionalità nel rispetto dei limiti, minimo (4, ora 6 mensilità dopo il decreto dignità) e massimo (24, ora 36 mensilità), dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità, dovrà tener conto non solo dell’anzianità di servizio, criterio che ispira il disegno riformatore del 2015, ma anche degli altri criteri “desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti)”.

La disposizione censurata infatti, continua la Corte Costituzionale, contrasta anzitutto con il principio di eguaglianza, sotto il profilo dell’ingiustificata omologazione di situazioni diverse. Infatti, conclude la Corte, “col prevedere una misura risarcitoria uniforme, indipendente dalle peculiarità e dalla diversità delle vicende dei licenziamenti intimati dal datore di lavoro, venendo meno all’esigenza di personalizzazione del danno subito dal lavoratore, anch’essa imposta dal principio di eguaglianza“.

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Mirzia Palmieri

Mirzia Palmieri

Blogger appassionata di web, fotografia cinema e cucina. Si interessa di eventi e cultura.
Mail: m.palmieri@diritto.news

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