Per esporre, al Senato, le sue linee guida sulla giustizia, la ministra della Giustizia Marta Cartabia si è riferita a un episodio di cronaca, come ha già fatto alla Camera. Nel suo discorso la Guardasigilli ha insistito sulla parola greca “hybris” per dire che, se non si superano le posizioni preconcette e gli irrigidimenti di parte cristallizzati in anni di scontri, non si va avanti.
Come riferisce il sito del quotidiano La Repubblica, la Cartabia pensa a una giustizia che “non può più essere soltanto la spada recata in mano dalla dea bendata, privilegiamo lo sguardo sulla bilancia che la stessa dea ha nelle mani e cerchiamo soluzioni bilanciate che trovino un adeguato contemperamento degli interessi e dei punti di vista di tutti“. Ci vogliono condivisione, ma anche realismo: “Sarebbe sleale da parte mia presentare programmi inattuabili ben sapendo di non poterli realizzare. Faremo di tutto per affrontare i problemi urgenti e improcrastinabili e quei progetti su cui ci sarà la condivisione del Parlamento”.
Giustizia riparativa!
“Ridurre i tempi della giustizia” è l’obiettivo, liberandosi dell’arretrato civile, due milioni di processi, e penale, altri tre milioni. Ma anche sperimentare nuove forme di giustizia – come quella riparativa – su cui Cartabia insiste, facendo riferimento a esperienze di altri Paesi che lei ben conosce, e alle quali l’Italia dovrebbe conformarsi. Su di esse cita i dati attuali, 18.900 persone oggi scontano in Italia la pena in esecuzione esterna e 9.000 con lavori di pubblica utilità. “Pensate se tutte queste persone invece fossero in carcere…”, commenta Cartabia.