Flat tax, i commercialisti lanciano allarme sui nuovi minimi per le partite Iva!

Flat tax, i commercialisti lanciano allarme sui nuovi minimi per le partite Iva

Il governo ha intenzione di introdurre nella prossima legge di Bilancio la flat tax. L’ipotesi allo studio prevede l’estensione della flat tax al 15% per Partite IVA che incassano fino a 65mila euro l’anno, prevedendo un ulteriore 5% per i redditi da 65mila e 100mila euro.

Ma l’attuale regime forfettario al 15% è pensato per contribuenti medio-piccoli, alzare questa soglia di applicazione dell’aliquota scontata fino a redditi da 100mila euro, secondo il Consiglio Nazionale dei Commercialisti, rischia di avere effetti distorsivi ed estremamente dannosi. A lanciare l’allarme è Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.

Tutti i rischi della flat tax secondo il Consiglio Nazionale dei Commercialisti.

Il problema della misura allo studio è che resterebbero “escluse le partite Iva individuali che, pur restando sotto la soglia di fatturato massimo – ha detto Miani – risultano anche socie di società e associazioni professionali e/o utilizzano beni strumentali per un valore superiore a 20mila euro e/o sostengono spese per dipendenti e collaboratori in misura superiore a 5.000 euro annui”.

Secondo il Presidente del Cndec, Massimo Miani, la flat tax come modello di tassazione sganciato dal regime forfetario andrebbe benissimo e sarebbe un vero aiuto alle partite Iva, ma un sistema che si limita ad ampliare la soglia di fatturato del regime dei minimi è invece altamente distorsivo, perché crea il paradosso di premiare, anche a parità di fatturato, le partite Iva che non si aggregano, che non investono e che non assumono, penalizzando invece quelle che fanno anche una soltanto di queste tre cose importantissime affinché le attività crescano e con esse l’economia.

Per ridurre le tasse agli autonomi, il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ha spiegato al sito pmi.it, sarebbe meglio intervenire sulle aliquote IRPEF. “Riteniamo che l’apprezzabile intento del governo di ridurre la pressione fiscale che grava sulle partite IVA con redditi medi e medio-alti andrebbe realizzata agendo direttamente sulla curva IRPEF, piuttosto che ampliando sic et simpliciter un regime forfetario che è nato più che altro come strumento di semplificazione degli adempimenti per soggetti con volumi d’affari minimi e redditi che, anche applicando le regole ordinarie, sconterebbero a consuntivo una tassazione sostanzialmente allineata o comunque molto vicina a quella sostitutiva”.

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