Economia: per ripartire l’Italia deve puntare sugli ecosistemi locali, lo assicura il premio Nobel

Economia: per ripartire l'Italia deve puntare sugli ecosistemi locali, lo assicura il premio Nobel

Michael Spence, premio nobel dell’economia e professore a New York si esprime sull’economia italiana: sta migliorando la situazione del reddito di base e ciò naturalmente è un bene ma non la soluzione. L’Italia deve ripartire dagli ecosistemi locali. Per quanto riguarda l’innovazione è necessario che gli investitori entrino nelle università.

I limiti culturali dell’Italia che le impediscono di essere al passo con altre Nazioni.

Bisogna ci sia più dialogo tra università e ricerca, spinta agli ecosistemi locali e un reddito di base per attutire l’impatto dell’automazione. Questa l’idea di Michael Spence, professore di Economia alla New York University e premio Nobel nel 2001. Spence si dice “molto preoccupato” per lo strapotere delle compagnie digitali e non risparmia neppure alcuni vizi italiani.

Ad impedire all’Italia di essere al passo con altri Paesi europei c’è un limite “culturale”: ci sono molte imprese ‘familiari’ che non vogliono cedere la proprietà. Questo significa scegliere di non avere risorse finanziare per acquisire altre compagnie o tecnologia. Vi è poi il problema delle startup che è un business rischioso: serve un sistema sociale che possa proteggere chi fallisce in diversi modi. Occorre far nascere ecosistemi. E per costruirli servono tempo e infrastrutture (materiali e immateriali).

Oggi le piattaforme digitali consentono un’evoluzione più rapida, ma è importante svilupparle in ecosistemi locali. Finanza, logistica, vendita, manifattura e tanto altro: se vuoi startup devi avere chi è in grado di creare ogni parte dell’ecosistema. Un altro dei limiti, è uno scambio ancora limitato tra centri di ricerca universitari e il mondo delle imprese ed anche in questo caso è un problema culturale. Andrebbero invece incoraggiate le interazioni e le collaborazioni tra ricerca e imprese.

La preoccupazione di Spence sullo strapotere delle compagnie digitali.

Spence si dice molto preoccupato a proposito di posizioni di monopolio. C’è un abuso di dati, problemi di privacy, di controllo e di accesso alle informazioni. E allo stesso tempo una regolamentazione ancora debole. Quando sarà più sviluppata tenderà ad avere direzioni differenti nelle singole aree, in Cina, Usa, Europa. È una tendenza che si può già vedere oggi, e non è un bene.

A proposito della web tax per limitare l’elusione fiscale delle compagnie digitali Spence invita a valutare sela tassa si concentra sul luogo di produzione o di distribuzione. Oppure se si vende online merce contraffatta, se è colpa del produttore, della piattaforma o di entrambi. Non si tratta di un sistema di commercio fisico tradizionale, dove era chiaro il concetto di confine. Nelle web company c’è una grande quantità di beni intangibili. E in questo caso occorre chiarire dove vengono prodotti.

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