Donne e pensioni: analisi e prospettive della previdenza al femminile

Pensioni e Legge di Bilancio 2018: deroga all'innalzamento dell'età pensionabile

Maria Luisa Gnecchi, membro del Centro Studi Previdenza di Lavoro & Welfare, già capogruppo Pd alla Commissione lavoro della Camera ha svolto un’analisi sulle pensioni delle donne sulla rivista LavoroWelfare. “Nella scorsa legislatura abbiamo svolto un’indagine conoscitiva sull’impatto di genere delle riforme previdenziali e della manovra Fornero, ne è emerso chiaramente che le donne sono in credito, ma anche nell’attuale decreto su Quota 100 si è bloccata l’aspettativa di vita per le pensioni anticipate, canale di uscita dal lavoro maschile e non sulla pensione di vecchiaia.

Secondo Gnecchi: “Per le donne si deve agire sull’età per la pensione di vecchiaia: almeno sull’Ape sociale si sono pensati 2 anni di riduzione dei contributi necessari per tener conto dei figli, ma i lavori di cura vanno valorizzati in modo significativo. L’obiettivo da raggiungere sarebbe la pari responsabilità professionale e familiare tra uomini e donne, come già prevista teoricamente dalla legge 125 del 1991, ma ancora lontana dalla realizzazione, fino a quando questo obiettivo non sarà raggiunto bisogna compensare le donne di tutto il lavoro gratuito che  svolgono per la società e la famiglia.

Riconoscimento dei lavori di cura 

L’on. Gnecchi ha proseguito:” Nel 2011 si sono tolti i 5 anni di anticipo per la pensione di vecchiaia rispetto agli uomini senza garantire nulla in cambio. Vanno studiate misure a favore delle donne che vadano ad incidere sull’età per la pensione di vecchiaia che è il canale di uscita delle donne e che permettano di aumentare la misura della pensione con il riconoscimento di contribuzione figurativa per i lavori di cura.

Il punto di Orietta Armiliato del CODS

Sulla stessa linea di pensiero Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social, la quale ha osservato: “Il lavoro di cura, prevalentemente svolto dalle donne, è parte fondamentale del welfare informale del nostro paese indipendentemente dal fatto che le donne siano o meno madri; per quest’ultime, è chiaro che il peso si aggravi e che sia corretto pensare ad un qualche riconoscimento in più a prescindere da un  riconoscimento che sia per tutte quante.

“Ora: che siano madri o meno è del tutto ininfluente da un punto di vista concettuale ma, naturalmente, non lo è di fatto e dunque il CODS assume verso questa questione come aspetto dirimente, il fatto che a TUTTE le donne debba essere riconosciuto il lavoro di cura svolto ma, con un contributo maggiore, per coloro che sono anche madri”, ha chiarito Armiliato.

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