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Diritto di famiglia: in centinaia a Bologna contro il ddl Pillon

Il DDL 735 deve essere ritirato in quanto sono apertamente attaccati i diritti civili fondamentali e perché il disegno di legge incide pesantemente sulla vita e sulle emozioni dei minori.

Autore: Mariella Marotta
4 Ottobre 2018
- Categoria: Diritto, News
Diritto di famiglia: in centinaia a Bologna contro il ddl Pillon

A Bologna centinaia di persone hanno manifestato contro il disegno di legge presentato al senato dall’onorevole Simone Pillon sulla riforma del diritto di famiglia, mentre domani a Milano in un’assemblea alla Camera del Lavoro (Corso di Porta Vittoria, 43) dalle 18 in poi, sarà battezzato il nuovo comitato NOPillon.

Molte associazioni hanno già aderito al comitato che fa sapere, nel suo comunicato, che il DDL 735 deve essere ritirato in quanto sono apertamente attaccati i diritti civili fondamentali e perché il disegno di legge incide pesantemente sulla vita e sulle emozioni dei minori, mette a rischio le donne che vogliono uscire da relazioni violente, incrementa il conflitto e allunga i tempi di separazione dei coniugi, non considera le disparità economiche ancora presenti tra i generi in Italia e costituisce una pesante ingerenza dello Stato nelle scelte di vita delle persone .

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Nasce il nuovo comitato NOPillon:  il DDL 735 deve essere ritirato.

Oggi però a esprimere, dopo molti altri, il proprio disappunto verso il DDL 735 si è aggiunta Magistratura Democratica che, citando la Costituzione, pubblica oggi sul sito in apertura: “Prime riflessioni sul Ddl Pillon” firmato da Giulia Marzia Locati (giudice del Tribunale di Torino). 

Secondo quanto si legge, l’impianto del decreto risponde ad una visione adulto-centrica che, oltre a non tenere in alcun modo conto della realtà delle famiglie italiane, si pone in pieno contrasto con quel superiore interesse del minore che deve necessariamente orientare il legislatore nella promozione della personalità e nell’educazione del soggetto umano in formazione (C.cost. n. 11 del 1981).

Come scrive la giudice Locati, la previsione automatica e obbligatoria di tempi di permanenza paritaria presso ciascun genitore (in assenza di accordo, almeno 12 giorni con ognuno), indipendentemente da manifestazioni di volontà contrarie dei figli e a prescindere dall’età, svela una concezione del minore quale bene materiale da dividere a metà tra gli adulti e non considera le esigenze di un bambino.

Mentre costituisce una grave violazione dei diritti del minore, altresì, supporre in via automatica che il suo rifiuto (del bambino) di incontrare un genitore sia comunque da imputare al condizionamento dell’altro, non considerando invece né la valorizzazione della volontà del bambino – pilastro della riforma del diritto di famiglia del 2013 – né l’obbligo di approfondire, sempre e comunque, l’adeguatezza sul piano genitoriale di un adulto che ben può aver esposto il figlio a forme di violenza domestica.

Per i magistrati infine la realtà dei Tribunali rivela che nella maggioranza delle separazioni consensuali l’intervento del giudice è necessario per aumentare i tempi di permanenza del figlio presso il padre, non contro la volontà della madre, ma contro la volontà del padre, chiarendo una volta per tutte che le madri, a meno di ragioni gravi come appunto una violenza o un abuso, tendono a voler coinvolgere l’ex partner nella gestione dei figli ma che sono gli stessi uomini a disinteressarsene per loro esclusiva volontà.

Mariella Marotta

Mariella Marotta

Laureanda in Studi Umanistici, indirizzo in Lettere Moderne, all’Università Federico II di Napoli, è appassionata di arte, letteratura, cinema, moda e da ex pugile, di sport.
Mail: [email protected]

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