Decreto semplificazioni, la «madre di tutte le riforme»!

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Per il primo ministro Giuseppe Conte, il Decreto Semplificazioni è «la madre di tutte le riforme», motivo per cui preme per portare il pacchetto chiuso in Cdm entro venerdì, naturalmente con il più ampio consenso del suo esecutivo. Tuttavia si dà il caso che i numerosi punti di contrasto in seno alla maggioranza abbiano rallentato la corsa, e a questo punto la scadenza di fine settimana rischia di slittare.

Secondo il sito del Corriere della Sera, pare che Conte abbia ceduto sul condono, anche se le Regioni negano di averlo mai chiesto, e si procede ancora di lima per trovare soluzioni. Ci sarà «un’accelerazione degli iter di realizzazione», per quanto riguarda le opere pubbliche, ma sarà accompagnata da «un rafforzamento dei presidi di legalità».

Semplificazione, parola chiave del Decreto!

La semplificazione – parola chiave di questo nuovo decreto – riguarda la fase di affidamento dei lavori, «consentendo alle stazioni appaltanti di affidare i contratti in modo più semplice e rapido per un periodo transitorio». Si affaccia così per alcuni interventi la procedura negoziata senza bando. Mentre altre critiche – soprattutto dall’opposizione – arrivano sulla riforma del reato di abuso d’ufficio. Intanto nuove regole sulla certificazione antimafia appaiono «troppo leggere» per molti parlamentari.

Sulla sanatoria scontro nella maggioranza

Nella bozza del Decreto Semplificazione compare «una norma che – per dirla con il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, che per primo ha lanciato l’allarme – consente la sanatoria per gli immobili edificati abusivamente che risulteranno conformi ai piani regolatori alla data di presentazione della domanda». Ed è stato sull’articolo 10, che, in parole povere, avrebbe consentito una sanatoria per gli immobili edificati abusivamente ma che risultassero conformi ai piani regolatori alla data di presentazione della domanda, il primo vero scontro all’interno della maggioranza, culminato in una resa di Conte che ha deciso di stralciarlo pur di trovare il più ampio consenso della sua maggioranza.

Di tale circostanza ha esultato Matteo Renzi, dicendo di essere «molto orgoglioso di aver contribuito a cassarla». Nel frattempo la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, aveva detto che la norma era stata richiesta da alcuni Enti locali e dalle Regioni. Immediata la reazione della Conferenza delle Regioni che ha negato di aver mai presentato al governo misure o interventi per un condono edilizio.

L’abuso d’ufficio

Tuttavia lo stralcio dell’articolo riferito al condono non ha placato gli animi: restano tensioni su vari punti, uno dei quali riguarda quella che potrebbe essere una delle principali novità portata dal decreto e potenzialmente una delle più efficaci per sbloccare gli ingorghi burocratici: l’«abuso d’ufficio», che è lo spauracchio dei funzionari pubblici che esitano a mettere la loro firma su documenti che diano il via libera alle opere per timore di incappare nella contestazione della procura della Repubblica.

Nel mirino ci sono gli articoli 15 e 17 della bozza che riformano rispettivamente la responsabilità per danno erariale e il reato di abuso d’ufficio, il primo limitato ai soli casi di dolo, il secondo alle fattispecie normative che non prevedono margini di discrezionalità. Sull’abuso d’ufficio Conte ha tracciato la linea nel question time alla Camera, spiegando di voler superare la cosiddetta «paura della firma», limitando temporaneamente la responsabilità dei dipendenti pubblici sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità «per l’azione di responsabilità al solo profilo del dolo per le azioni e non anche per le omissioni». Una soluzione che accontenta il Pd, mentre arriva il no secco delle toghe che ritengono la norma, così com’è, inapplicabile se “il reato ricorre solo se ogni interpretazione ‘discrezionale’ è esclusa».

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