Assegno di mantenimento: addio al precedente tenore di vita!

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L’ordinanza della Corte di Appello di Roma del 5 dicembre 2017, contribuisce alla tesi che i tempi siano maturi per abbandonare il riferimento al tenore di vita vissuto in precedenza durante il matrimonio non solo per quanto riguarda l’assegno divorzile, ma anche per quanto concerne la separazione. Una tesi che giunge, in effetti, a conclusione di un discorso le cui conseguenze non sono del tutto sviluppate, per cui le circostanze occasionali – e dunque non ripetibili – rischiano di oscurare valide considerazioni di principio.

Non vengono svolte considerazioni di principio.

Effettivamente, visto che perfino la probabile fonte ispiratrice di legittimità prende la distanze da una estensione all’assegno di mantenimento alla separazione, sarebbe stato quanto meno opportuno che si dicesse qualcosa – a giustificazione della scelta – che esiste e non è neppure troppo difficile da reperire. Infatti va stretta alla sensibilità sociale l’insistenza su differenze che, pur di natura meramente formale, hanno rilevanti ricadute concrete, quando la sostanza che le ha fatte introdurre in pratica non esiste più. Questo è il caso della separazione e del divorzio: una sorta di accanimento accademico che non vuole cedere alla sostanza. Comunque, in attesa di una nuova legislazione, è meglio resistere alla tentazione di ignorare i vincoli giuridici, con un atteggiamento quasi di esproprio, e cercare nel diritto vigente la legittimazione per letture alternative.

Queste sono fornite, in estrema sintesi, dalla comparazione tra l’art. 156 c.c. e l’art. 5 comma 6 della legge 898/1970. In questo secondo caso, per valutare l’eventuale obbligo di corrispondere un assegno divorzile si fa riferimento ai “redditi di entrambi”, associandoli così come erano in costanza di matrimonio. Naturalmente ciò non comporta necessariamente di doversi riferire al tenore di vita comune di un tempo, esistono altre spiegazioni. Tuttavia, se per il divorzio questo elemento non è considerato determinante, l’espressione utilizzata all’art. 156 c.c., in cui si dà importanza solo ai “redditi dell’obbligato”, ovviamente attuali e non pregressi, pur rammentando che formalmente i separati sono ancora coniugati, in concreto rende a maggior ragione meno plausibile che l’assegno al coniuge separato debba essere commisurato alla vita di un tempo. In altre parole, se si svincola l’assegno divorzile dal tenore di vita a maggior ragione lo si deve fare per quello alla separazione.

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