Abusivo esercizio di una professione: modifiche all’art. 348 c.p. apportate dalla Riforma Lorenzin

Abusivo esercizio di una professione: modifiche all'art. art. 348 c.p. apportate dalla Riforma Lorenzin

La Riforma Lorenzin: modifica l’art. 348 del c.p. sul reato di esercizio abusivo di una professione. La legge si occupa anche di aggravanti specifiche per reati commessi da falsi medici, di chi esercita abusivamente un’arte ausiliaria e di chi detiene farmaci scaduti.

Il nuovo reato di esercizio abusivo di una professione: le modifiche all’articolo 348 del c.p.

L’art. 348 del Codice Penale prevede una sanzione per quel soggetto che esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato.
L’interesse giuridico tutelato, pertanto, dalla citata norma incriminatrice è quello che determinate professioni, che richiedono particolari requisiti di probità e specifiche competenze tecniche, vengono esercitate soltanto dal soggetto che ha conseguito un espresso titolo abilitativo. Ne consegue che coloro che esercitano una determinata professione senza aver precedentemente conseguito la propedeutica abilitazione, risultano suscettibili di sanzione penale, ai sensi dell’art. 348 c.p..

Per effetto dell’emendamento approvato, l’articolo 348 del codice penale è sostituito dal seguente: “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 50.000 euro. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e la trasmissione, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, al competente Ordine, Albo o Registro per l’interdizione da 1 a 3 anni dalla professione o attività regolarmente esercitata. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 15.000 euro a 75.000 euro nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo».

La disposizione si occupa anche di chi ha determinato altri a esercitare una professione in maniera abusiva e di chi ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato, prevedendo, per tali soggetti, la reclusione da uno a cinque anni e la multa da 15mila a 75mila euro. L’articolo in commento si applica anche a chi esercita l’attività di mediazione in assenza di iscrizione nell’apposito ruolo ed è già stato sanzionato amministrativamente in forza di quanto previsto dall’articolo 8 della legge numero 39/1989. Prima della riforma, per la rilevanza penale della condotta era necessario essere incorsi nella sanzione amministrativa almeno tre volte, mentre oggi è sufficiente una sola reiterazione.

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